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Recessioni comparate

Tre grafici interessanti. Il primo è quello diffuso qualche giorno fa da Nancy Pelosi, speaker democratico della Camera statunitense, per terrorizzare i congressmen (e soprattutto l’opinione pubblica dietro di loro) ancora riottosi nell’approvare il mastodontico old-deal keynesian-obamista. Comparata con quelle di 1990 e 2001, la recessione in corso sembra davvero gravissima. Se già si iniziano a considerare le recessioni dal 1974 ad oggi, però, come fa Justin Fox su The Curious Capitalist, le cose iniziano a cambiare considerevolmente. E cambiano ancora di più analizzando la perdita di posti di lavoro in tutte le recessioni che hanno colpito il mercato nordamericano nel dopoguerra, come fa William J. Polley.

Soltanto in questi ultimi due casi, invece che assistere ad un’operazione di terrorismo mediatico, si riesce a scorgere un barlume di verità. Anzi due. 1) Le recessioni sono cicliche e fanno parte del funzionamento intrinseco del mercato (che, vale la pena di ricordarlo, non è stato “inventato” da nessuno). 2) Le recessioni “morbide” (o “ammorbidite” dall’intervento dello stato) di solito durano molto più a lungo.

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