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Hail to the Chimp!

I giornali americani e le agenzie di stampa non hanno dubbi: «Il New York Post si scusa per la vignetta sullo scimpanzè». È questo il titolo scelto dall’Associated Press per il lancio d’agenzia battuto giovedì sera. E tutti gli organi d’informazione – come un sol’uomo – hanno aderito alla linea. Probabilmente senza neppure degnarsi di leggere l’editoriale con cui il tabloid di Murdoch presentava queste presunte scuse. Le cose, in realtà, stanno in maniera un po’ diversa.

«La vignetta di mercoledì scorso pubblicata a pagina sei – si legge nell’editoriale in questione – che raffigurava l’uccisione, da parte della polizia, di uno scimpanzè fuggito da uno zoo del Connecticut, ha creato una considerevole controversia. Mostra due agenti di polizia che, davanti al cadavere dello scimpanzè, dicono “La prossima volta dovranno trovare qualcun altro per scrivere la legge sullo stimulus”. La vignetta voleva prendere in giro una legge federale scritta in modo inetto. Punto. Ma è stata interpretata da qualcuno come una raffigurazione razzista del presidente Obama. Questo non era il suo intento; ma ci scusiamo con chi si è sentito offeso dall’immagine. Poi c’è chi, nei media e nel mondo politico, avendo sperimentato differenze di opinione con il Post in passato, ha cercato di sfruttare questo incidente come opportunità per una vendetta. A costoro non rivolgiamo alcuna scusa. Qualche volta una vignetta è semplicemente una vignetta, perfino se qualche opportunista cerca di farla passare per qualcosa di diverso».

Se queste sono “scuse”, nel senso stretto del termine, si tratta di scuse piuttosto blande. E per la verità il Post ha tutto il diritto a non sentirsi in obbligo di scusarsi con Al Sharpton e gli altri attivisti radicali della comunità afro-americana (inquadrata, quasi militarmente, nei ranghi del partito democratico), che ieri hanno manifestato sotto la sede della redazione “razzista” intonando canti un po’ retrò, che non si sentivano almeno dal recount in Florida del 2000. Il cartoon in questione, infatti, ridicolizzava (prendendo spunto da un fatto di cronaca) i “creatori” dell’orrendo stimulus bill che è stato approvato qualche giorno fa dal Congresso. E tra costoro – come dovrebbe riconoscere chiunque sia dotato di un minimo di onestà intellettuale – il presidente Obama non c’è.

Se pensiamo allo stimulus, ci dovrebbe venire in mente Nancy Pelosi, leader dei democratici alla Camera, oppure Harry Reid, leader al Senato, ma di sicuro non il buon Barack, che la legge si è limitato a firmarla in tutta fretta (senza, probabilmente, leggerla neppure approfonditamente, altro che scriverla…). Eppure, dopo aver descritto George W. Bush per otto anni come un novello Adolf Hitler, come uno sterminatore di innocenti e (guarda un po’) proprio come uno scimpanzè (Hail to the Chimp! era il motto preferito degli anti-bushisti di professione), adesso le stesse frange estreme della sinistra americana – supportate, nutrite e coccolate dai mainstream media – si offendono perché qualcuno disegna una scimmia in una vignetta che non ha niente, assolutamente niente a che fare con Obama, ripescando (per istinto o per completa malafede?) un gergo in disuso da almeno quarant’anni. Forse i veri razzisti sono proprio loro.

(domani su Liberal quotidiano)

UPDATE. Sullo stesso argomento, Stefano Magni su Oggettivista.

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