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Il giorno di Gianfranco

Doveva essere il gran giorno di Gianfranco Fini. E così è stato. Un discorso come sempre stilisticamente perfetto e da statista vero. Fatto di slanci ideali e riferimenti concreti, in un ragionato equilibrio tra protagonismo e capacità di stare in squadra. Molti, moltissimi gli applausi e davvero tanti i passaggi politicamente importanti. Il primo, quasi subito, per sostenere il referendum e chiarire subito che in un grande partito bisogna avere il coraggio di “parlarsi”, di “discutere”, di confrontarsi. No al pensiero-unico quindi, soprattutto su alcuni temi. E no, deciso, al partito dei cooptati. Anche se sottilmente, a modo suo, a voluto far intendere che la democrazia è decidente solo quando riesce ad essere anche partecipata e rappresentativa. Poi l’avvertimento alla Lega sugli immigrati- “prima che stranieri sono uomini”- e il richiamo esplicito alla carta del PPE. La sfida vera, però, è stata quella sul testamento biologico e l’ex leader di An non ha avuto timori reverenziali a definire l’attuale testo uscito dal Senato “da stato etico”. Non era facile affrontare la platea su questi temi, ma ha avuto l’oggettivo coraggio di farlo e il grande merito di porre una questione di metodo interna al nuovo partito. Alla fine il grande protagonista di ieri e di domani, Silvio Berlusconi, ha sentito il bisogno di salire sul palco con lui e di farsi immortalare nell’ennesimo abbraccio fraterno tra alleati. Un motivo profondo, in quel gesto così plateale, ci deve pur essere.

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