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Cicatrici

Ogni anno è la stessa storia. Ti siedi al pc, apri il blog e vorresti scrivere qualcosa di nuovo e di sensato sull’undici settembre. Ogni anno il ricordo si fa più sfumato, la gente tende a dimenticare, le pagine dei giornali dedicano sempre meno spazio. E ogni anno per noi è più difficile scrivere, ricordare, parlare di quel maledetto pomeriggio di fine estate in cui siamo rimasti impietriti mentre due aerei si schiantavano contro i nostri sogni. Perchè è inutile nascondersi sempre dietro all’ipocrisia del “siamo tutti americani”. Sappiamo bene che qualcuno è più americano di qualcun’altro, qui. E che qualcuno si porta dentro quel giorno come una cicatrice indelebile stampata sul cuore. Gli aerei, le torri che crollano, il Pentagono, la bandiera americana impolverata dal fumo delle macerie. Non c’è un solo fotogramma di quella tragedia che non ci colpisca come un pugno allo stomaco e che non ci riporti alla mente quello che avremmo voluto non vedere mai. Americani lo siamo stati tutti, per qualche ora, poi siamo tornati sulle diverse sponde di quel fiume carsico che riemerge molto spesso e assume le sembianze dell’antiamericanismo più becero. Da una parte noi, sulla cima della collina dove splende la città di Winthrop, con la nostra baniderina e la nostra dose di idealismo. Dall’altra parte quelli che “se la sono cercata” o che, peggio, “se la sono fabbricata in casa”. Abbiamo combattuto, negli anni del post 9/11, contro complottisti animati dal gusto del ridicolo o fini menti pensanti che non hanno compreso la grandezza intima degli Stati Uniti, faro di libertà e simbolo di un sogno. Raccontava Christian Rocca, pochi giorni dopo quella sciagura, di come ad essere spazzato via da quella tragedia fosse l’ideale stesso di America. I sogni, la sicurezza, la speranza: tutto crollato insieme a quelle torri che segnavano simbolicamente l’inizio di un mondo nuovo, senza America. La storia, grazie a Dio, ha dato torto a Christian. Otto anni dopo sappiamo che la bandiera a stelle e strisce significa ancora qualcosa per molti. E non ci sono solo i film, la musica, Hollywood e Bruce Springsteen. C’è qualcosa di più in quest’America post 11 settembre, capace di cambiare pelle ma di portare sempre con sè le idee di libertà e di opportunità che l’hanno fatta diventare grande negli anni. Ci sono stati gli eroi afghani in fila alle urne, quelli iracheni che hanno visto cacciato un dittatore sanguinario. E forse ci sono ancora tanti, tantissimi dissidenti in giro per il mondo che pensano a quella bandiera e si ricordano che una speranza ancora c’è.  A loro si era rivolto, in uno dei discorsi più belli mai pronunciati da un Presidente Americano, George W Bush. E alle loro speranze dovrà dare una risposta Barack Obama, altro straordinario capitolo di quel sogno americano che si rinnova in realtà giorno dopo giorno. Oggi più che mai, per rimarginare quella ferita, c’è bisogno di ricordare a tutti che quell’undici settembre è iniziata una guerra non solo militare tra due diverse visioni dell’uomo e del mondo: da una parte la minaccia alla libertà di chi vorrebbe un mondo totalitario e fondamentalista, dall’altra l’imperativo morale ed etico di chi a quella libertà non intende rinunciare.

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