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Premiate orologerie italiane

Ci sono due o tre cose che vanno dette riguardo questa indagine che coinvolge Bertolaso, alcuni suoi collaboratori, diversi politici e qualche appalto malgestito. E sono due o tre cose che chi fa politica non può fare a meno di notare. Siamo alla vigilia di elezioni regionali delicate, così delicate che il Pd è allo sbando, non ne imbrocca una nemmeno per sbaglio e la sua classe dirigente (o presunta tale) sembra uscita da un film di Muccino e pare essere composta o da grandi vecchi che non capiscono o da giovani isterici incompresi. Appoggia Boccia in Puglia e vince Vendola, candida Penati in Lombardia e Formigoni si appresta ad asfaltarlo, non sa che pesci pigliare nel Lazio e appoggia un candidato di un altro partito. Una crisi talmente evidente che in almeno tre corse (Puglia, Veneto e Lazio) con 15 milioni di abitanti interessati il Pd non ha un suo candidato e sostiene gente che fa a gara a dire che con il Pd non c’entra niente(Vendola, Bortolussi e Bonino). Così, solo per ricordare a tutti che fine ingloriosa ha fatto la straordinaria vocazione maggioritaria dei Kennedy di casa nostra. In uno scenario di questo tipo, dopo averle provate davvero tutte, c’era una soluzione e una soltanto che potesse evitare il tracollo globale e totale di questa sinistra. Non un nuovo progetto politico, non una nuova piattaforma programmatica, non alleanza di nuovo conio. Perché tutto quello che i democratici hanno prodotto in anni di opposizione senza se e senza ma a Berlusconi è risultato inutile quando non dannoso. Così come è risultato totalmente inefficace l’assedio giudiziario ad un Presidente del Consiglio più forte persino dell’armata brancaleone manettara di Di Pietro&co. Per colpire Berlusconi, occorreva ed occorre colpirne gli uomini migliori, non quelli più in vista ma quelli che meglio hanno rappresentato il centrodestra in questi mesi. E così è arrivato il fango – con tanto di intercettazioni sbattute in prima pagina – su Guido Bertolaso e su Denis Verdini. Uno è stato il campione del brand “Italia del fare” tanto caro al Cav, l’altro l’attento tessitore di tutte le trame che hanno permesso al Pdl di diventare il primo partito italiano e di restare tale nonostante le bufere, le divisioni, le incomprensioni, i colonnelli. Colpisce di questa vicenda che ancora non si sia capito bene di che diavolo stiamo parlando, cosa abbia ottenuto Bertolaso in cambio di cosa e quale sia il ruolo di Verdini in questa vicenda. Ma intanto sulle prime pagine spunta la parola “indagato”, così come spuntò l’avviso di garanzia a Berlusconi prima di un G8. Fu, dal ’94 ad oggi, l’unico vero atto di opposizione che abbia sortito un qualche effetto concreto contro l’odiato regime del Cavaliere nero. Parlare delle indagini, oggi, è come o peggio che discutere del sesso degli angeli. A Bertolaso e Verdini diamo la solidarietà che si deve a tutti quelli che per sbaglio o per disgrazia finiscono nel tritacarne di una giustizia più mediatica di una puntata di Forum. Detto questo, gli auguriamo buon lavoro: ci sono emergenze da gestire con professionalità e un partito da guidare alla vittoria delle prossime regionali.

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