Ugly Nations
Il dubbio, ormai, è diventato un semplice esercizio accademico: l’Onu è soltanto inutile o, con il passare degli anni, è diventata addirittura dannosa? L’ultima sfilata dei leader mondiali al Palazzo di Vetro, per certificare lo stato dell’arte (traduzione: il fallimento) degli Obiettivi del Millennio non ci aiuta a dirimere la questione. La sede delle Nazioni Unite sembra ormai essersi trasformata in una versione, mediaticamente più sofisticata, dello Speakers’ Corner di Hyde Park. Ognuno sale sul palco, dice quello che vuole dire, saluta e se ne va. Con una sola, significativa differenza: nel parco londinese, i dittatori (se riconosciuti) non sono in genere accolti a braccia aperte.
Se però scorriamo brevemente il primo e il secondo articolo dello Statuto delle Nazioni Unite, che ne definiscono «obiettivi e principi», il senso strisciante di pessimismo cresce. «Mantenere la pace e la sicurezza internazionale»? «Promuovere la soluzione pacifica delle controversie»? «Sviluppare le relazioni amichevoli tra le nazioni»? Fallimento su tutta la linea. «Promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali degli individui»? Niente di più semplice, per un’organizzazione che ha piazzato l’Iran nella Commissione per i diritti delle donne; la Libia nel Consiglio per i diritti umani; Sudan, Cuba, Cina e Pakistan nel Comitato per il controllo delle organizzazioni non governative; Cuba, Egitto e Zimbabwe nella Commissione per lo sviluppo economico e sociale; Angola e Arabia Saudita nella Commissione per lo sviluppo sostenibile. Si tratta di scelte che riescono, contemporaneamente, a tradire lo spirito che ha portato alla creazione di commissioni o comitati e a prolungare la sofferenza delle persone che, in teoria, si volevano proteggere. Ecco allora che il pendolo che oscilla tra inutilità e dannosità inizia inesorabilmente a spostarsi verso quest’ultima. Ma non è finita.
«Promuovere la cooperazione economica e sociale», si legge nello Statuto. Che poi, in concreto, è uno dei motivi per cui – otto anni fa – erano stati approvati gli otto punti degli Obiettivi per il 2015 che spaziano dal «ridurre la mortalità infantile» al «dimezzare il numero delle persone che vive con meno di un dollaro al giorno», passando per la «parità dei sessi» e la «garanzia di un’istruzione primaria universale». Naturalmente, nel gergo Onu e in quello dei regimi che ne controllano di fatto gli organi, l’intero costo dell’operazione dovrebbe ricadere sui Paesi “ricchi”. Lunedì il segretario generale Ban Ki-moon ha detto che dei 145 miliardi di dollari promessi alle Nazioni Unite dal G8 di Gleneagles, in Scozia, mancano ancora 26 miliardi. Il degno successore di Kofi Annan si è dimenticato di ricordare che senza una decisiva espansione delle libertà economiche e dei diritti umani – ancora sconosciuti alla maggior parte dei Paesi membri – il raggiungimento di questi obiettivi (o in generale di quelli previsti dallo Statuto Onu) resta una beffarda utopia.
Le Nazioni Unite, al contrario, sembrano spingere con tutte le loro forze nella direzione opposta. Assecondano la poltica estera e la repressione interna dei dittatori; danno vita a giganteschi sforzi economici basati su truffe mediatiche (global warming, anyone?); inseguono un terzomondismo d’accatto sconfitto dalla storia e dal buon senso. Il pendolo, a questo punto, si ferma di schianto. E il responso è drastico: oggi le Nazioni Unite sono dannose per lo sviluppo dell’umanità. Meglio, molto meglio, tornare a parlare di una Lega delle democrazie.
[domani in edicola su Liberal]