The Ugly Truth
Hanno avuto il coraggio di chiamarla “mezza vittoria”, dimostrando in un colpo solo tutta l’ignoranza e la disonestà intellettuale che caratterizzano – ormai da decenni – il cosiddetto giornalismo italiano. Perfino Obama, come scrive oggi Alessandro Tapparini su America 24, è stato costretto ad ammettere lo shellacking, la batosta. Ma i fatti sono ormai diventati un fastidioso inconveniente, per chi utilizza la propria professione allo scopo di distorcere la realtà e propagandare il pensiero unico. Proviamo dunque a guardarne qualcuno in faccia, di questi fatti, tanto per fingere di riequilibrare l’ordine cosmico.
• Anche i sassi obamiani sapevano perfettamente che la conquista del Senato da parte del GOP era – nella migliore delle ipotesi – un “long shot”. In ballo c’era poco più di un terzo dei seggi, con 41 democratici (su 59) che hanno avuto la straordinaria fortuna di non partecipare a questo ciclo elettorale. Per ottenere la maggioranza della camera alta, i repubblicani avrebbero dovuto vincere praticamente ovunque. E soprattutto in stati dove – appena due anni fa – Obama aveva dilagato con distacchi in doppia cifra. Il tentativo di spacciare un “non miracolo” per una “mezza vittoria” è semplicemente patetico. La realtà è che, fino a uno anno fa, i democratici avevano una supermajority di 60 seggi che consentiva loro di neutralizzare qualsiasi tentativo di ostruzionismo da parte dei repubblicani. Adesso, di fatto, il Senato (in cui due dei democratici sono Joe Lieberman e Ben Nelson, non dimentichiamolo) è una camera bloccata. Fino al 2012, quando la dinamica delle sfide favorirà nettamente il GOP. Il miracolo, che poi non sarebbe servito a granché, è stato soltanto rimandato.
• Lo tsunami della Camera è stato impressionante. I repubblicani non conoscevano un’affermazione elettorale tanto larga dal 1946 (anche in quel caso si trattò di una sorta di referendum sulla politica economica di Truman). Sono “saltati” incumbent democratici che vincevano a mani basse da decenni. Il simbolo è senz’altro Ike Skelton (4° distretto del Missori), eletto per la prima volta nel 1976 e rieletto per 17 volte consecutivamente, battuto dalla congresswoman locale Vicky Hartzler. Ma la mappa elettorale è piena di pick-up repubblicani che non erano sul radar degli analisti. Nell’8° distretto del Minnesota (solid democratic, per il NYT), un mese prima delle elezioni Nate Silver pronosticava la vittoria dell’incumbent James Oberstar con un distacco di 25 punti sullo sfidante Chip Cravaack. Il repubblicano ha vinto con 4500 voti di vantaggio. E almeno 8 seggi leaning democratic sono stati vinti a sorpresa dal GOP (CA-20, IL-8, IL-10, MO-4, NC-2, NY-13, NY-25, VA-9). Che dire, poi, dei toss-up? Dei 41 distretti considerati “incerti” dal NYT, il GOP ne ha vinti la bellezza di 30: il 73%. Impressionante poi la performance nei distretti giudicati leaning republican o solid republican, in cui i democratici non hanno raccolto neppure le briciole. Quando tutti i voti saranno contati, probabilmente scopriremo che per trovare un “mandato popolare” analogo a favore del GOP bisogna tornare indietro fino al 1928.
• Il vero “colpaccio”, però, il GOP lo ha messo a segno nei parlamenti statali. Soprattutto visto che le state legislatures, in 44 stati, sono responsabili di uno dei processi più importanti e controversi del sistema politico statunitense: la definizione dei confini per i distretti della Camera. Quest’anno, i repubblicani hanno strappato ai democratici il controllo di almeno 19 state legislatures (con un guadagno stimato intorno ai 650 seggi). Era dal 1994 che il GOP non otteneva un risultato del genere. Ed era dal 1928 che il GOP non controllava un numero così alto di parlamenti statali. All’inizio di questa settimana il bilancio era di 60 a 36 a favore dei democratici. Oggi è di 55 a 38 a favore dei repubblicani. In Minnesota i repubblicani hanno il controllo del Senato locale per la prima volta nella storia americana. In Alabama e North Carolina, i repubblicani hanno il controllo della Camera per la prima volta dagli anni della Reconstruction. Si tratta di “uno swing di proporzioni storiche”. E a dirlo non è Sarah Palin, ma Tim Storey, senior fellow alla National Conference of State Legislatures. Dopo il censimento del 2010, almeno 18 stati saranno costretti a modificare i confini dei propri distretti per la Camera. Il GOP ne controlla totalmente (anche a livello di governatore) almeno una dozzina. E per chi si culla nell’illusione che l’avanzata repubblicana sia in qualche modo limitata a livello geografico, ecco qualche dato in ordine sparso. In Wisconsin e New Hampshire sono passati di mano (largamente) sia Camera che Senato. Il GOP ha conquistato le camere di Indiana, Pennsylvania, Michigan, Ohio, Iowa, Montana e Colorado. Oltre a quello del Minnesota, il GOP ha conquistato il Senato del Maine. Le camere di Texas e Tennessee sono passate da un pareggio di fatto ad una super-maggioranza repubblicana. Una “mezza vittoria” davvero impressionante.
• Con un articolo-spazzatura che sembra quasi la traduzione del lavoro di qualche collega italiano, Alexandra Moe di Msnbc.com sostiene una tesi bizzarra: “Soltanto il 32% dei candidati del Tea Party è stato eletto”. La metodologia utilizzata dalla Moe per “incasellare” i candidati è piuttosto oscura, tanto che Left Coast Rebel identifica senza troppi sforzi un buon numero di esclusi: Kristi Noem, Scott Tipton, John Runyan, Dennis Ross, Mo Brooks, David Schweikert, Nan Hayworth, Alan Nunnelee, Steve Pearce, Scott Rigell, Lou Barletta, Daniel Webster, James Lankford, Chris Gibson, Chip Cravaak, Cory Gardner, Jeff Denham, Bill Huizenga, Tim Huelskamp. E la lista potrebbe continuare. Ma diamo anche per buona la percentuale esotericamente estrapolata dalla simpatica Alexandra. Un movimento nato meno di due anni fa, senza la struttura monolitica di comando di una struttura organizzata, senza vere leve di potere all’interno dei due partiti principali, senza war chest da milioni di dollari, senza dirigenti d’esperienza in grado di districarsi in una lunga e violentissima campagna elettorale, alla prima assoluta di fronte al giudizio degli elettori… raccoglie il 32% di vittorie e si manifesta come “terza forza” decisiva nel quadro di un sistema a prolungata tradizione bipartitica. E questa sarebbe “una sconfitta per i Tea Party”? Ma chi vogliono prendere in giro?
• Si è scritto e parlato molto sulle “divisioni” interne al partito repubblicano. E sul rischio della “deriva populista” imposta dai Tea Party (ma non avevano perso?) al GOP. Pochi – tra cui, da fronti diversi, Bill Kristol e Chris Bowers di Daily Kos – hanno invece notato che queste elezioni di midterm hanno provocato una strage di blue dogs e clintoniani. In particolare, tra gli sconfitti democratici in questo ciclo elettorale si può contare appena il 5% di appartenenti al Congressional Progressive Caucus, contro il 38% di New Dems e il 45% di Blue Dogs. Per la prima volta nella storia del partito democratico, il caucus progressista sarà più numeroso della somma tra blue dogs e new dems. Le implicazioni che questo nuovo equilibrio potrà avere sulla politica estera dell’amministrazione Obama, al momento, si possono soltanto intuire.
• Secondo i calcoli (provvisori) di Michael Barone, il GOP alla Camera ha conquistato 14 pick-up nel Nordest, 23 nel Sud, 7 nel West e 18 nel Midwest (tra cui 5 in Ohio e 4 nell’Illinois di Obama). Fino a qualche mese fa, fini analisti ci avvertivano del rischio che il partito repubblicano potesse fare la fine di un movimento locale radicato soltanto nella Bible Belt e in qualche isola analfabeta del Mountain West. Oggi scopriamo che i democratici sopravvivono solo nelle aree urbane delle coste e che il GOP è l’unico, vero, partito nazionale degli Stati Uniti d’America. Ci piacerebbe ascoltare l’analisi dei suddetti fini analisti.
• Questa intervista alla storica leader femminista Camille Paglia, sfuggita di mano ad Alessandra Farkas, la potete leggere online soltanto su Dagospia, mentre Corriere.it preferisce pubblicare l’intervista (della stessa Farkas) a Gerry, il surfista italiano salvo dopo lo tsunami. Del resto, sempre di tsunami si tratta.