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Varsity Match

La storia britannica ci insegna che per anni le università sono state luogo deputato alla pura applicazione di un concetto latino, il “mens sana in corpore sano”. E quando si parla di atenei d’Oltremanica, inevitabilmente con il pensiero si finisce a Oxford o a Cambridge o ad entrambe: non solo per via della Boat Race sul Tamigi, solitamente nell’ultimo sabato di marzo, con le due imbarcazioni che si sfidano a colpi di remi, ma anche perché alle prime Olimpiadi moderne, quando il professionismo era bandito, sull’asse “Oxbridge” venivano coltivati talenti sportivi, oltre che culturali. C’è dell’altro, c’è di mezzo una palla ovale. Perché, sempre come tradizione comanda, il secondo giovedì del mese di dicembre – salvo rare eccezioni – lo stadio della nazionale di rugby inglese di Twickenham, sobborgo di Londra, ospita il Varsity Match. Da una parte quelli di Oxford in classica tenuta blue Navy e colletto chiaro e corona sul petto, dall’altra la jersey a strisce bianco-azzurre di Cambridge con il leone rosso all’altezza del cuore. In mezzo ottanta minuti di partita, l’unica che, come recita uno dei motti che accompagnano l’evento, “si prepara per 364 giorni all’anno e tutto dipende da lei: se vince sei in paradiso, se perdi sei all’inferno”.

Il Varsity Match non è solo quello che lega le due università che si contendono i piani alti delle graduatorie mondiali in termini di qualità e prestigio, ma è semplicemente un tratto comune nella parte di mondo che nell’inglese la lingua madre. Giusto qualche esempio: Warwick vs. Coventry, Derby vs. Lincoln, Cardiff vs. Swansea, Glasgow vs. Edimburgo, York vs. Lancaster. E ancora: University College Dublin vs. Dublin University, Southampton vs. Portsmouth, Leeds Metropolitan University vs. Leeds University. La lista continua, ma Oxford vs. Cambridge è la più attesa.

Le due si affrontano domani per la 129esima volta, con Cambridge che guida con 61 vittorie (l’ultima un anno fa, per 37-21), mentre Oxford è ferma a 53; poi ci sono 14 pareggi. La prima volta risale a 1872 e le uniche interruzioni furono dovute alle guerre, quando molte giovani menti brillanti finirono colpite a morte durante la Prima e la Seconda guerra mondiale. Si respira per l’occasione il profumo del vecchio rugby non professionistico, perché per partecipare alla disfida occorre essere studenti a tempo pieno e non ci sono ingaggi dell’ultimo momento per alzare il livello della squadra con nomi altisonanti. Per quanto non siano stati pochi i volti famosi del rugby che sono scesi in campo indossando – da universitari – una delle due maglie. Tra questi, l’attuale allenatore dell’Italia, il sudafricano Nick Mallett, che vinse con Oxford nel 1979. Si consideri poi il peso culturale e politico della faccenda.

Il Varsity Match ha il sapore dell’upper class, giacché da Oxford e da Cambridge sono usciti per secoli i componenti della classe dirigente di un impero tra avvocati, industriali, scrittori, economisti, uomini di scienza, artisti, storici, banchieri e finanzieri. Gente che poteva sedere nella stanza dei bottoni. Mentre in Galles, ad esempio, il rugby era il riscatto della working class che una volta dismessi i panni dei minatori, si dava appuntamento agli allenamenti o alle partite del fine settimana. Anche da queste cose si determina la storia di una nazione. E allora capitava che gente come Philip Toynbee, scrittore comunista, negli anni ’40 se ne uscisse con una battuta del genere: “Una bomba al parcheggio Ovest dello stadio di Twickenham in un giorno di partita porrebbe fine al fascismo in Inghilterra per generazioni”. Perché l’odiata upper class era spesso e volentieri di animo conservatore.

Oggi invece succede che David Cameron, quando non era ancora Primo ministro ma semplicemente leader dei Tories all’opposizione, in un discorso di pochi anni fa riservò una citazione di riguardo alla figlia di Toynbee, Polly, editorialista di punta negli ambienti di sinistra. E pensare che Cameron si è laureato ad Oxford.

 

Dario MazzocchiDARIO MAZZOCCHI, 27 anni, lombardo, giornalista. E’ uno di provincia, e ci tiene. Appassionato di Guareschi, Rugby e Conservatori Inglesi. Ha scritto su Libero e non l’ha mai detto a nessuno, scrive su The Right Nation e lo racconterà ai nipotini. Thatcheriano puro, non ri rassegna ad avere David Cameron come leader. Ha un blog, Mondopiccolo, un Tumblr, un profilo Facebook e tutto quello che serve per rimorchiare.

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