Corsa a due

La nostra prima sensazione – cioè che le primarie del GOP si sarebbero presto trasformate in una corsa a due tra Romney e Perry – esce rafforzata dal dibattito di ieri organizzato da NBC News e The Politico. Anche se sfavorita dalla gestione (niente affatto imparziale) dell’evento, Michele Bachmann ha faticato nel confermarsi come legittima appartenente alla top-tier occupata dai due ex governatori. La Bachmann è sembrata un po’ spenta, in una posizione periferica rispetto al dibattito. E, come confermano anche i sondaggi nazionali, non c’è alcun motivo per non considerare ormai Ron Paul al suo stesso livello: quello, niente affatto disprezzabile, di chi si trova a partire in seconda fila.

Dietro a questo quartetto, tutti gli altri. Con Newt Gingrich un passo avanti (i suoi passaggi da fustigatore dei mainstream media stanno dando un po’ di fiato ad una campagna fin qui anemica) e John Huntsman un passo indietro (con tutto la spazio che gli hanno concesso i suoi amichetti-giornalisti, a quest’ora dovrebbe viaggiare intorno al 20%, invece non si muove dallo “zero virgola”.

Ma gli occhi di tutti, naturalmente, erano concentrati sulla coppia di testa. Secondo molti analisti, soprattutto di sinistra, ha stravinto Romney (gli uomini di Romney, naturalmente, sono d’accordo). A destra c’è chi si permette di eccepire, come Stanley Kurtz sulla National Review. Christian Rocca, che proprio non riesce a farsi piacere Perry, invita a diffidare dei suddetti (“ricordate Kerry batte Bush 3 a 0?”), ma continua a credere che ci sia “lo spazio per un altro candidato, uno credibile”. Noi, già da qualche settimana, siamo del parere opposto. Il campo repubblicano è saturo. E l’unica candidatura che potrebbe sparigliare le carte in tavola, quella di Sarah Palin, diventa ogni giorno una possibilità sempre più remota.

Relativamente al dibattito di ieri, la palma del vincitore la aggiudichiamo (di misura) a Romney, che è un ottimo debater ed è sembrato concentrato e rilassato. A Perry, però, che è ormai il front-runner della corsa, bastava (e basterà) non fare gaffe particolari per uscire indenne dalla stagione dei confronti televisivi. Per lui parlano i numeri (non solo quelli dell’economia) e quell’appeal quasi-reaganiano che Rocca non vede ma gli elettori repubblicani sembrano percepire. C’è da scommettere che la partita si giocherà soprattutto sul fronte della creazione di posti di lavoro. Ieri abbiamo avuto un gustoso assaggio del duello che ci aspetta nelle prossime settimane. E l’esito, per ora, è di sostanziale parità. Un risultato che a Perry basta, e avanza, per diventare il candidato del GOP del 2012. Le elezioni generali, poi, saranno tutta un’altra storia.

————————

UPDATE. [Alessandro Tapparini, su Jefferson, commenta il duetto del video qui sotto]

UPDATE/2. La definizione di Perry scelta da Christian Rocca su Camillo (“più impreparato e meno curioso di Bush”) somiglia in modo inquietante a quella di Andrew Sullivan su The Dish (“extreme, inarticulate, incurious W clone”).

468 ad