Non Renzi. Non Vendola. Non Deb.
L’editoriale del Corriere di oggi a firma Alesina-Giavazzi dice tante belle cose. Altre i due economisti ne potrebbero aggiungere ma quel che è certo è che i dieci punti a costo zero per rilanciare l’Italia sono una buona (ottima) base di partenza per tornare a ragionare del futuro di questo paese.
Se i dieci punti paiono tutti di perfetto buonsenso e sembrano rivoluzionari solo nella patria delle corporazioni e dei veti incrociati, la domanda finale è invece quella su cui dovrebbe concentrarsi la politica di casa nostra. Si chiedono i due: “Infine rimane il problema di «quale» governo abbia il coraggio di fare tutte queste cose. Berlusconi ha una grande occasione per dare un colpo d’ala al proprio governo. Oppure serve una grande coalizione? O un governo tecnico?”.
Dire oggi, in queste condizioni, che il miglior interprete di quel manifesto si chiama Silvio Berlusconi è peccare – a voler essere buoni – di miopia politica. A voler essere onesti è fingere che gli ultimi quindici anni non siano mai esistiti. Se il Cavaliere difficilmente può prendere in mano un’agenda di questo tipo (perfettamente coerente con quella indicata dalla BCE) c’è però da chiedersi quale opposizione sia in grado, credibilmente, di presentarsi al paese e raccontare che è pronta a sbloccare il mercato del lavoro, introdurre l’art.8 come pensato dal Ministro Sacconi, riformare le pensioni, diversificare la retribuzione dei dipendenti statali legandola al costo della vita della zona in cui operano e, cosa più importante di tutte, accettare l’idea che occorra abolire lo strumento della concertazione. Non solo sulle piccole cose ma anche, e soprattutto, su quelle più importanti.
Certamente non è materia per Nichi Vendola che è sempre sceso in piazza, al fianco di qualcuno o in prima persona, contro misure di questo tipo. Difficile immaginare che tocchi a Debora Serracchiani, in prima fila con la Cgil a Trieste proprio contro il famigerato articolo 8.
Rimane Matteo Renzi. Le potenzialità ci sarebbero tutte, ma rimane il problema che nessuno ha ancora capito cosa pensi davvero. Simpatico, battuta pronta, rottamatore, una certa difficoltà nei rapporti con i sindacati: l’identikit sarebbe quello giusto. Peccato che al dunque, per diventare Sindaco di Firenze, si sia fatto sostenere da “Comunisti fiorentini”, dipietristi e vendoliani. Il centrosinistra si è fermato a Prodi.