Perché Ron Paul vincerà in Iowa

Mancano meno di due settimane all’inizio delle primarie repubblicane, il 3 gennaio in Iowa gli elettori daranno il via alla lunga cavalcata che porterà a decidere chi sarà lo sfidante di Obama per la presidenza degli Stati Uniti il prossimo novembre.

Secondo il sondaggio Public Policy Polling in testa vi è il rappresentante dell’anima libertaria del partito dell’elefante, Ron Paul, rispetto a tutti gli altri candidati. Il Dottore si attesta al 23% mentre Mitt Romney al 20% e l’ex speaker Newt Gingrich al 14%, tale trend è confermato anche in un sondaggio reso noto da Real Clear Politics dove nel gradimento degli elettori nella scelta del candidato presidente per il GOP, Ron Paul primeggia al 23,9% attestandosi con ampio margine rispetto agli altri avversari (Romney 18,2%, Perry 15,5% e Gingrich 12,9%). In un secondo sondaggio pubblicato da Real Clear Politics relativo alla media ponderata di crescita elettorale in Iowa, Ron Paul è primo con una crescita al 23,8% superando quella di un Romney (al 20,3%) e di un Gingrich (al 17,3%) che quotidianamente si sottraggono voti a vicenda per cercare di restare disperatamente in scia al frontrunner.

Se ancora aveste dei dubbi sulla vittoria di Ron Paul in Iowa, vi segnalo anche un sondaggio realizzato dall’Iowa State University/Gazette/KCRG Poll, dal quale emerge che Ron Paul otterrebbe quale prima scelta di voto il 27,5% , Gingrich il 25,3% e Romney il 17,5%. Paul sarebbe sostenuto sopratutto dalle donne, dai ceti sociali più poveri (con un reddito annuo inferiore ai $25.000) e dalla classe media (reddito tra i 50.000 e i 75.000 $); laddove invece sia Romney che Gingrich verrebbero supportati dai ceti medi e da quelli alti (superiori ai 100.000$ annui). In Iowa, stato tradizionalmente religioso, Ron Paul riuscirebbe ad otterrebbe il voto sia tra i cosiddetti “cristiani rinati” (27,2%) protestanti, sia tra i cattolici (14,3%) che sopratutto tra i non credenti laici o atei (73,9%). Il suo elettorato è sopratutto quello con un istruzione liceale o post-diploma, non a caso tra i ventenni raggiunge 59,6%  mentre tra i trentenni e quarantenni il 53,2%.

Anche i bookmakers legati al sito di Intrade giudicano con maggior probabilità la vittoria di Ron Paul in Iowa (41,9%) preferendolo a Romney (38%). Perfino il New York Times ha giudicato sicura la vittoria di Ron Paul in Iowa stimandola nel suo sondaggio al 52%  contro il 28% di Romney. Sempre sul sito del quotidiano liberal della Grande Mela, Ron Paul risulta essere in testa anche per altri due istituti di sondaggi (oltre ai già citati PPP ed Iowa State U): We Ask America stima Ron Paul al 19 %, Mitt Romney al 18% e Newt Gingrich al 16%  InsiderAdvantage stima Ron Paul al 24 %, Mitt Romney al 18% e Rick Perry al 16%; Solo Rasmussen dà Romney vincente al 25%  con 5 punti di vantaggio sul secondo classificato, Ron Paul.

Tutti i numeri dimostrano che l’esponente libertario sta prendendo il largo, navigando in solitario con il vento in poppa, consentendoci di preventivare per tempo e con fondamenti abbastanza certi, la sua vittoria in Iowa, la quale si inscriverebbe ai risultati già ottenuti negli ultimi due CPAC annuali tenutisi proprio a Des Moine, dando un forte segnale a tutta la Right Nation in vista delle future tappe di primaria.

Newt Gingrich, dato per favorito dai massmedia sino a pochi giorni fa quale sfidante all’egemonia di Romney nelle primarie, è invece crollato in un mese del 13%. E’ bastato che il Dottore rammentasse agli elettori in due dibattiti televisivi e in qualche spot elettorale i precedenti scandali dell’ex speaker della Camera dei rappresentanti, i suoi flip flop, le promesse mai mantenute nel 1994, il suo essere al pari di Romney parte dell’establishment del partito, e aspetto non secondario in tempi di crisi finanziaria, il sostegno da questi dato in cambio di onerose consulenze profumatamente pagate a Freddie Mae e Fannie Mac, le due agenzie semi-federali responsabili della bolla immobiliare esplosa nel 2008, per abbatterlo nei consensi.

La vecchia volpe del contratto per l’America, rischia di rimanere in gioco al massimo sino al Supermartedì non potendo però concorrere nei numeri al ruolo di nominato finale del partito. Tutti gli altri candidati (Perry, Bachmann, Santorum, Huntsman) sono nelle retrovie a recitare il ruolo di comparse, destinate a sparire progressivamente con i successivi voti in New Hampshire e South Carolina. Se Mitt Romney appare indiscutibilmente il candidato favorito dall’establishment, amico delle banche (da cui ha ottenuto gran parte delle donazioni per la sua campagna) fautore durante il suo governatorato nelliberal Massachussetts, della discussa riforma sanitaria ripresa da Obama per il suo Obamacare; Ron Paul è invece il candidato che incarna l’anima antistatalista e contestatrice dell’attuale status quo istituzionale e politico anche nel suo stesso partito.

Il congressista texano è per una visione di Stato ultraminimo anti-interventista sia sul piano economico che in politica estera, contrario al Big Government alle tasse, alle spese, ai bailout del 2008 e in generale all’invadenza anticostituzionale dello Stato nelle vite degli americani. Paul porta avanti la sua campagna nonostante il gelo dei massmedia nei suoi confronti grazie alle raccolte fondi spontaneamente stanziati da privati cittadini (soldati, giovani, lavoratori del pubblico impiego e liberi imprenditori) al suo comitato elettorale.

Romney e Paul costituiscono due nette e differenti impostazioni culturali e politiche dell’America presenti nello stesso partito, da una parte l’anima più corporativista e paternalista assai prossima ad Obama per visione del ruolo dello Stato, dall’altra quella più individualista favorevole al libero mercato e a meno burocrazia per far ripartire l’economia. Entrambi i duellanti sia in Iowa che in New Hampshire, secondo Rasmussen, godono di forti organizzazioni sul territorio e dei numeri per poter vincere nelle prime tappe i primi delegati in palio.

Nello Stato del Granito, Ron è al 21% secondo dietro a Romney (al 35%) e ove riuscisse a mantenere il secondo posto riducendo il più possibile il gap che lo distanzia dal battistrada, ove vincesse in Iowa, tali due risultati lo proietterebbero quale principale sfidante proprio del miliardario mormone. Ron Paul sarà la sorpresa di queste presidenziali anche in ragione del sistema elettorale adottato in alcuni Stati in queste primarie repubblicane: il sistema proporzionale.

I comitati locali del GOP al fine di consentire una maggior partecipazione e rappresentanza nella scelta elettorale a livello nazionale del candidato indipendentemente dalla data di indizione della primaria, hanno deciso di imitare il modello delle primarie Democrats, evitando il sistema uninominale maggioritario secco, preferendo il proporzionale per l’assegnazione dei delegati utili per la convention GOP della Florida.

Con il proporzionale grazie alla numerosa presenza di candidati GOP similari per posizioni politiche stataliste, Ron Paul può emergere anche in virtù della sua forte organizzazione sul territorio e la sua capacità di tenere uniti sotto un unica coalizione elettori dei tea party, paleoconservatori, indipendenti, giovani, pacifisti e Blue Republican, tutta gente che di certo non voterebbe per gli altri candidati in lista. I loro voti possono però consentire a lui di imitare quanto avvenne nel 2008 in campo Democrats ad opera di Obama a danno di Hillary Clinton, questa volta nel Partito Repubblicano ai danni di Romney.

Ron Paul è l’unico candidato all’interno delle primarie in crescita nei sondaggi, ed è l’unico candidato favorevole a meno Stato e ad una agenda in linea con quanto si aspettano molti conservatori fiscali e attivisti del movimento del thé. Le sue proposte sono quanto il GOP dovrebbe proporre elettoralmente al fine di differenziarsi sia dai Democrats clintoniani ed obamiani, che dalla passata era di Bush jr.

Ron Paul ha proposto un agenda per ripristinare l’America nel giusto cammino, con un trilione di dollari risparmiati grazie ai previsti tagli sulla spesa pubblica, eliminazione di cinque dipartimenti federali, il ritiro delle truppe statunitensi in giro per il mondo, abolizione di Obamacare, Medicare, Medicaid, drastico taglio al complesso militare-industriale e ovviamente l’audit della Federal Reserve.

Gli analisti e i commentatori potranno ora ignorarlo e ribadire la sua “impresentabilità”, la sua “freddezza” come candidato, proponendo i soliti vuoti stereotipi sulla sua politica estera o sul suo essere favorevole alla legalizzazione di libertà individuali ritenute a priori come “pericolose” o “non degne” dei conservatori, ma non potranno farlo per sempre, lo potranno fare solo fino al 3 di gennaio. Paradossalmente proprio tali stereotipi deformanti stanno consentendo al Dottore di emergere favorevolmente presso la gente dell’Iowa, la quale inizia giustamente a considerarlo come l’unico candidato contro i “poteri forti” che reggono il sistema di Washington D.C. (banca centrale, massmedia e complesso militare-industriale). Il suo record personale nelle votazioni e la coerenza da sempre dimostrata nel tempo lo rendono inattaccabile e senza scheletri nell’armadio a differenza degli altri rivali di primaria.

Presso i mass media, le proiezioni demoscopiche dell’Iowa a lui favorevole benché inizialmente citate sono subito state in seguito ridimensionate come un “fuoco di paglia”, una fase transitoria e non significativa della campagna elettorale; peccato che non siamo più in estate o in primavera ma prossimi all’inizio delle primarie e risulta evidente come i numeri ora abbiano un loro peso specifico rilevante e di credibilità. Nonostante in molti sondaggi su base nazionale, Ron Paul raggiunga a malapena la doppia cifra percentuale, egli risulta essere competitivo come e più di Romney in una lunga sfida Stato per Stato. Quel che è certo è che Ron Paul non ha nulla da invidiare al mormone in una sfida finale contro Obama.

Secondo il sondaggio NBC News/Marist Poll il libertario è l’unico a pareggiare in una sfida finale con l’attuale inquilino di Pennsylvania Avenue (Ron Paul 42%, Obama 42%), il che nella sostanza significa che il congressman vincerebbe la presidenza dato che è certo che indipendenti e persino parte della sinistra pacifista non voterebbe più per l’attuale presidente a novembre 2012 (e i repubblicani della base, difficilmente voterebbe la riconferma di Obama pur di non avere Paul nello studio ovale). Questo sondaggio peraltro conferma anche un precedente sondaggio di Rasmussen il quale poneva Ron Paul con uno stretto margine dell’1% dietro ad Obama.

Da aprile ad oggi il Dottor No avrebbe guadagnato un punto rispetto ad Obama, ma tale piccolo spostamento di numero potrebbe rivelarsi superiore e ben più rilevante, quindi decisivo nell’andamento non solo di alcuni Stati a novembre nello scontro finale, ma paradossalmente anche in queste primarie. Obama è a picco nella sua popolarità e gradimento tra gli americani, ha fatto peggio di Jimmy Carter, lui non è più visto come il cambiamento nel 2012 in gran parte dell’elettorato che ne fece la sua fortuna 4 anni fa proprio a partire dall’Iowa. Questi elettori delusi da Obama e dai Democrats potrebbero liberamente registrarsi e votare come Blue Republican Ron Paul sia in Iowa che in New Hampshire (consci che Obama a novembre potrebbe perdere contro qualsiasi repubblicano e che Paul sul piano delle libertà civili e dell’antimilitarismo sarebbe un candidato migliore degli altri possibili sfidanti).

Tutti gli altri candidati GOP nel sondaggio NBC News/Marist Poll risultano essere sotto ad Obama nello scontro finale:

Mitt Romney 39%, Obama 46% (-7)

Newt Gingrich 37%, Obama 47% (-10)

Rick Perry 37%, Obama 48% (-11)

Gingrich per un altro sondaggio Rasmussen è dato perdente contro Obama rispettivamente 37% a 48%, in linea con le altre rilevazioni precedentemente citate. Secondo un altro sondaggio CNN in un possibile testa a testa finale per la presidenza sia Romney che Ron Paul hanno lo stesso distacco da Obama (giudicato vincente) 45% a 52%; mentre Gingrich perderebbe da Obama 40% a 56% con un gap maggiore rispetto agli altri due sfidanti GOP. Il sondaggio è peraltro simile a quello WaPo/ABC dove Paul rispetto ad Obama dista all’incirca del 5% mentre Romney del 3-4% (Gingrich contro Obama avrebbe in questo sondaggio l’8% di gap da recuperare).

Sempre nel sondaggio della liberal CNN si evidenzia però come Ron Paul nonostante la possibile sconfitta finale, resti forte e superiore all’attuale presidente in alcune fasce elettorali chiave: anziani, elettorato bianco, indipendenti ed abitanti delle aree rurali. Paul supera Obama 47% a 46% tra gli over 65 anni, 51% a 46% tra la popolazione bianca, 52% a 44% tra coloro i quali risiedono in zone rurali e 48% a 47% tra gli elettori indipendenti. Si conferma allora quanto abbiamo scritto: le primarie presidenziali repubblicane del 2012 saranno un duello Romney-Ron Paul.

Eppure nonostante ciò i media continuano a dare non solo per favorito ma addirittura per vincente solo il mormone (o persino Gingrich) contro Obama, questo benché Ron Paul abbia come minimo pari possibilità di Romney di vittoria finale. Paul però è in realtà avvantaggiato rispetto a Romney, è vero che quest’ultimo ha mezzi e soldi a sua disposizione, ma non gode dell’appoggio e neppure della stima di gran parte della galassia conservatrice e tea party.

Inoltre gli altri sfidanti repubblicani, pescando nello stesso bacino elettorale del mormone, potrebbero porlo in notevole difficoltà nel proseguo nella conta dei delegati, specie se questi non dovessero ritirarsi prontamente dopo i primi Stati entro il Supermartedì. Ron Paul invece non solo ha un proprio seguito di fedelissimi sostenitori, ma è in grado di ottenere voti tra Indipendenti, giovani e perfino tra i Democratici ( il sondaggio Public Policy Polling ha stimato al 24% nel seguito del Dottore in Iowa), ovvero settori notoriamente invisi ai Repubblicani neocon. Egli è in grado di definire un paradigmatico nuovo standard per il mondo conservatore e politico americano come sua composizione elettorale per i prossimi anni.

Romney non può pescare da nessun’altra parte (non dai Tea party, non dagli indipendenti, non dai fiscal conservative, non dai giovani, non dai sinistrati occupandi mezzi hippie), egli è solo con i centristi del partito, anche chi ne condivide parte delle sue politiche social-neoconservatrici preferisce non aiutarlo. Tenendo presente tutto questo, bisogna allora domandarsi se davvero a parità di possibilità di vittoria finale contro Obama, gli elettori repubblicani opteranno tafazzianamente per la scelta di un candidato RINO per nulla differente dall’attuale inquilino della Casa Bianca quanto a programmi e proposte, o se piuttosto voteranno per un libertario costituzionalista favorevole a più libertà economiche ed individuali in grado di riproporre e ripristinare i sani fondamenti dell’America sanciti dai Padri Fondatori. Il voto dell’Iowa darà una prima significativa ed indicativa risposta a tale quesito.

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