Odiati da chi odia la libertà
L’11 settembre. Sì, sì, l’11 settembre. Che altro vuoi dire sull’11 settembre? Non è nemmeno un anniversario particolare: insomma, non è passato un anno e ne sono passati già più di dieci e quindi chi se ne frega dell’undicesimo anniversario dell’11 settembre? Non se lo ricorda nessuno oggi, ciò che accadde quel giorno di undici anni fa tra New York e Washington. Ci ricordiamo a mala pena cosa è successo a distanza di mesi, figuriamoci di anni. Ormai i tempi che corrono richiedono una memoria corta – c’è gente che crede di comunicare in 140 caratteri, non c’è spazio per la lunghezza e nemmeno per quella del ricordo.
Poi c’è la corsa a chi la spara più grossa, hanno stancato anche loro. Che era tutto pilotato, che alla Casa Bianca sapevano tutto, che era il pretesto per fare la guerra, che in realtà di aerei contro il World Trade Center non ci sono tracce, come nemmeno di quello finito sul Pentagono. Le torri sono crollate per delle cariche esplosive disseminate lungo i palazzi dalla Cia. Idee che non possono nemmeno essere confutate perché le assurdità non ammettono contraddittorio per natura.
Quindi ci sono le domande inutili, ripetute con cadenza regolare, manco fosse la dichiarazione dei redditi. Del tipo: ma l’America è cambiata? E che domanda del cavolo è? Hanno avuto l’11 settembre, le missioni in Afghanistan e in Iraq, una crisi economica che non molla l’osso, hanno rischiato la bancarotta e Dio solo lo sa se è un capitolo destinato a chiudersi. Senza tirare in ballo Barack Obama o George W. Bush, lo facciano pure i corrispondenti da laggiù. Il giochetto è vecchio e scontato.
Chi se ne frega dell’11 settembre? Bon, basta. Chiudiamola qui. Per rispetto alle tremila persone che hanno perso la vita, colpevoli solo del fatto di vivere e lavorare in una nazione odiata da chi odia la libertà. Il resto è superfluo.