Showtime in Progress
L’estate del 2012 ha portato in dote ai Los Angeles Lakers dei notevoli calibri per assaltare l’anello: Steve Nash e Dwight Howard si sono aggiunti a Kobe Bryant, Pau Gasol e Metta World Peace per andare a formare un quintetto base che potrebbe tranquillamente essere convocato per intero all’All Star Game.
Come spesso accade però, gli dei del basket sono stati contrari ad eccessivi ammassamenti di talento e, complice l’infortunio di Nash, hanno fatto recapitare ai gialloviola una partenza-shock composta da una preseason terminata senza vittorie e un disastroso avvio di campionato. Alla quarta sconfitta su cinque partite la dirigenza ha quindi sollevato dall’incarico coach Mike Brown affidando l’interim a Bernie Bickerstaff, personaggio già tristemente noto ai tifosi degli Charlotte Bobcats di vecchia data.
Naturalmente si trattava di una soluzione estemporanea e infatti dopo pochi giorni è stato reso noto che il nuovo coach dei Lakers sarebbe stato nientemeno che Mike D’Antoni. L’ex allenatore dei Suns e dei Knicks è stato accolto in maniera piuttosto fredda dall’ambiente losangelino, soprattutto perchè dalle parti dello Staples Center ci si aspettava, ovviamente, il colpo hollywoodiano con l’ennesimo ritorno di Phil Jackson ed è pur vero che coach Zen è stato effettivamente contattato dal “cognato” Buss, ma visto il suo rifiuto, credo che i Lakers abbiano compiuto un’ottima scelta firmando il Baffo, per tutta una serie di motivi:
1) D’Antoni è stato uno dei vice di coach K a Pechino e Londra e ha avuto modo di farsi conoscere approfonditamente da Kobe, che ne ha lodato più volte le qualità tecniche e umane. Quindi la scelta dei Lakers è stata sottoscritta dal Black Mamba, che sicuramente non impazziva per coach Brown, nonostante ne apprezzasse l’impegno e la professionalità.
2) Sul rapporto Nash-D’Antoni non c’è bisogno di dilungarsi tanto, i due hanno fatto sfracelli in Arizona, si conoscono a occhi chiusi e sotto la guida del buon Mike Nash ha vinto per due volte di fila il titolo di MVP dalla Lega, dopo aver già abbondamente scollinato oltre i trenta ed essere stato scaricato malamente dai Dallas Mavericks.
3) Anche Dwight Howard faceva parte del Redemption Team di Pechino, quindi conosce bene Mike: Superman è il lungo perfetto per il pick&roll di movimento che Nash e D’Antoni prediligono e se pensiamo a che statistiche aveva Stoudemire a Phoenix ci rendiamo conto di quale potenziale abbiano i Lakers con l’asse play-pivot, sempre che la salute sorregga entrambi.
4) Molti sostengono che Gasol non sia un tipo di giocatore adatto al tipo di basket predicato da D’Antoni, ma sono sicuro che il nuovo allenatore saprà trovare anche qualche soluzione per far felice il catalano, che vedrei benissimo in un pick&roll (sempre con Nash, naturalmente) stanziale alla Stockton-to-Malone. Inoltre Pau potrà essere mortifero per sfruttare gli inevitabili raddoppi su Howard, senza contare che la presenza di Superman lo aiuterà non poco in difesa, da sempre tallone d’Achille dello spagnolo.
5) E’ ovvio che la presenza di Bryant impedirà di proporre un run&gun estremo come ai tempi dei Phoenix Suns, ma quando il 24 riprenderà fiato ecco che anche Metta World Peace potrà trovare dei momenti di gloria dall’arco, e insieme a lui i vari Blake e Jamison (ottimo dal pino).
6) L’esperienza nella Grande Mela avrà sicuramente segnato D’Antoni, ma il fatto che i Los Angeles Lakers abbiano sostanzialmente soprasseduto sulle ultime tre stagioni di questo allenatore indica di quanta credibilità goda ancora nell’ambiente il personaggio, dotato di una personalità magari inferiore a quella di Phil Jackson, ma certamente sconosciuta al proprio predecessore. Mike Brown, infatti, resta un ottimo allenatore, ma privo di quel carisma che caratterizza gli eletti che possono allenare certe franchigie e soprattutto certi tipi di giocatori: la flemma, l’aspetto da maestro elementare, la bravura nell’insegnare e ideare schemi e soluzioni ma anche l’incapacità di tirare fuori quel sacro fuoco, quella grinta, quella voglia di alzare ancora l’asticella che è l’unico volano per far sì che un LeBron James o un Kobe Bryant siano disposti a uccidere una partita per te, più o meno.
D’altro canto tutto questo lo si era capito già l’anno scorso, quando Kobe, in borghese perchè infortunato, dirigeva praticamente i time-out e dispensava consigli a ciascuno mentre il povero Brown disegnava blocchi sulla lavagnetta. Se la buona sorte (leggi infortuni) li assiste, io dico che a giugno ci divertiamo con Lakers-Heat, così finalmente ci gustiamo il duello LeBron-Kobe e anche il Baffo della Nike sarà contento.