Il problema non sono le armi
Dopo il massacro nella scuola elementare Sandy Hook, di Newtown, Connecticut, il dibattito politico negli Usa si è ancora una volta concentrato sulla necessità di riformare la legge sul porto d’armi. Il presidente Barack Obama, dopo la sua solenne promessa di prevenire altre stragi, ha riunito i vertici del governo federale proprio per discutere le riforme possibili: il vicepresidente Joe Biden, il segretario all’Educazione Arne Duncan, il procuratore generale Eric Holder, la segretaria alla Sanità Kathleen Sebelius. Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha dichiarato che leggi più restrittive sul porto d’armi siano “parte della soluzione”.
Ma, in ogni caso, il problema delle stragi commesse da privati individui armati «…è complesso e richiederà una soluzione complessa. Nessuna singola norma risolverà pienamente il problema». Lo dimostra anche la gran varietà di membri del governo interpellati (interno, istruzione, sanità, oltre alla vicepresidenza). Ma in ogni caso il dibattito pubblico si concentra sul solo possesso delle armi. E in particolar modo delle “armi d’assalto”, semiautomatiche, il cui acquisto è legale nella maggioranza degli stati.
La “complessità” del problema, in ogni caso, si riferisce anche alla forte opposizione che verrà incontrata. La libertà di possedere armi da fuoco è infatti prevista, da tre secoli, nel Secondo Emendamento della Costituzione. In Europa siamo soliti stupirci o indignarci per quello che percepiamo come un “attaccamento alle armi” degli americani. E non capiamo perché sia così difficile fare una riforma per limitare la loro circolazione. Quello che non vogliamo capire, prima di tutto, è la filosofia di fondo della società statunitense, nata da una lotta di liberazione contro un potere imperiale. La libertà di portare armi, prima di tutto, è una difesa contro l’arbitrio del potere. I costituzionalisti americani non escludevano che il governo degli Stati Uniti, un giorno, potesse diventare tirannico tanto quanto quello degli ex dominatori britannici. Il libero possesso di armi è una riserva permanente contro la dittatura, domestica o straniera che sia. Questo vale per spiegare l’istinto di fondo dell’americano medio. Ma esistono anche molti argomenti più pragmatici per difendere il possesso di armi.
In effetti, fa notizia la strage in una scuola, ma non si parla mai delle numerose stragi sventate. Nel 1997, a Pearl, nel Mississippi, una sparatoria in una scuola è stata fermata dal vicepreside dell’istituto, armato di rivoltella. Un anno dopo, una sparatoria in una scuola media è stata fermata da un vicino armato di shotgun. Nel 2002, a Grundy, in Virginia, una sparatoria in un istituto di giurisprudenza è stato fermato dagli studenti stessi, alcuni dei quali erano armati. Nel 2007, in un supermercato di Ogden, nello Utah, l’aggressore è stato fermato in tempo da un poliziotto fuori servizio, ma armato. Ancora: 2009, Houston, Texas, un uomo che voleva compiere un massacro nel suo posto di lavoro è stato fermato da due colleghi, anch’essi armati.
Nel 2012, sempre ad Aurora, Colorado (il luogo della “strage di Batman”), una sparatoria in una chiesa è stata prevenuta da un fedele armato. Poco fa, in un supermercato di Portland, nell’Oregon, un mancato stragista si è suicidato vedendosi minacciato da un negoziante armato. Insomma: le armi servono. E questo gli americani lo capiscono d’istinto. Difendersi da sé è più sicuro che attendere l’arrivo della polizia. Non è un caso che gli ultimi peggiori massacri (Virginia Tech, cinema di Aurora e Sandy Hook) sono avvenuti proprio dove le armi erano tassativamente vietate. Le statistiche non sono affatto di aiuto a chi vorrebbe proibire o limitare fortemente il possesso di fucili e pistole. In Europa, il peggior atto di follia omicida degli ultimi anni, è avvenuto in Norvegia: un unico uomo, Anders Behring Breivik, è riuscito ad assassinare 77 persone disarmate in un Paese in cui il porto d’armi è strettamente controllato.
In Svizzera e Canada, al contrario, le armi sono più diffuse che negli Usa, ma il tasso di omicidi (e il numero di stragi) non è nemmeno paragonabile. L’economista ed editorialista liberale Thomas Sowell, nel suo articolo di ieri sulla National Review, cita altri dati che potrebbero confondere la mente a qualsiasi proibizionista europeo: i luoghi e i periodi in cui i divieti sulle armi da fuoco sono più rigidi, coincidono con quelli in cui i tassi di omicidio sono più alti. A Washington DC, ad esempio, la criminalità è fra le peggiori degli Usa, a dispetto di una legislazione sul porto d’armi fra le più proibizioniste d’America. Nel Connecticut stesso, l’acquisto e il possesso di armi da fuoco è fra i più rigidi. Eppure è proprio quello lo stato in cui è avvenuta l’ultima strage di Sandy Hook.
In genere, le armi sono più diffuse nelle aree rurali, dove il tasso di omicidi è più basso. Nella cittadina di Kennesaw, in Georgia, il possesso di armi in casa propria è addirittura obbligatorio. E il tasso di criminalità si è dimezzato da quando quella legge locale è stata introdotta nel 1982. In tutti gli Stati Uniti, poi, il numero di omicidi (in rapporto alla popolazione) è diminuito negli ultimi venti anni… mentre il numero di pistole e fucili in circolazione è raddoppiato. Vietare un certo tipo di arma, quella “d’assalto” potrebbe non servire a nulla. Erano parzialmente proibite fino al 2004, adesso Obama intende reintrodurre la loro messa al bando. Ma la strage della Columbine High School è avvenuta mentre quella norma era ancora in vigore. Anche a Sandy Hook, il pluri-omicida Adam Lanza, era armato con due pistole, oltre che di fucile d’assalto.
Quelle pistole sarebbero legali anche secondo la nuova legge. In generale, il 69% dei crimini è commesso con armi legali anche secondo la prossima riforma. Quel che si deduce, dalle statistiche, dunque, è che il problema è nelle persone, non nelle armi. I progressisti sono convinti che modificando l’ambiente circostante, dunque vietando le armi e magari anche censurando film e videogiochi violenti, si possa cambiare la mentalità dei cittadini. I conservatori, al contrario, credono nel libero arbitrio: sono gli individui che fanno la società. Individui che scelgono il male possono rendere violenta la società. Solo prevenendo e punendo gli aggressori (anche con le armi) si può vivere più sicuri. In tutta Europa abbiamo optato per la prima soluzione, quella progressista. Ma viviamo più sicuri?