Il multiculturalismo decapitato
Non è la prima volta che Londra si sveglia bruscamente dal sogno di una società multiculturale pacifica ed aperta.
Le pagine dei quotidiani e le aperture dei telegiornali riportano come un incubo l’immagine di quell’uomo con le mani insanguinate che urla “Allah è grande” e spiega le ragioni di quella macelleria compiuta nel cuore di una capitale d’Europa. L’ossessione mediatica è sempre stata uno degli strumenti attraverso cui la follia umana ha cercato di proiettarsi al di fuori di sé per trovare un posto nel mondo. Ma l’immagine di due uomini che massacrano un altro uomo inerme, provano a decapitarlo in mezzo ad una strada e chiedono ai passanti di essere filmati, supera ogni immaginazione e fa sconfinare il terrorismo islamico in una perversione diabolica: un odio ancestrale generato da una religione atavica che prende la forma dei nuovi media.
Londra continua la sua vita con apparente indifferenza, rispetto a ciò che è successo ieri. Questa città è sempre più centrale nel dinamismo economico e sociale di questa fase storica, sopratutto ora che l’Europa è in declino e l’America sempre più isolata. Londra non può permettersi di fermarsi; eppure, questa volta, qualcosa sembra aver incrinato l’imperiale self-control britannico. Quell’omicidio integralista sembra aver scosso le certezze del paese.
Le manifestazioni di piazza dei gruppi ultra nazionalisti e gli assalti alle moschee nel Kent e nell’Essex dimostrano che stavolta l’Inghilterra non sembra controllare il senso di accerchiamento e di pericolo.
In un caffè di Victoria Street, a due passi da Westminster, una famiglia musulmana si siede e ordina un tè. Lui è un uomo grosso con la tipica barba islamica a punta, come prescrive il Profeta nella Sunnah. Lei è interamente coperta da un chador che le lascia scoperti solo gli occhi, neri come il velo che la nasconde al mondo. Difficile sapere cosa pensino dell’omicidio di ieri, ma è chiaro che rappresentano un mondo inconciliabile con l’Occidente e con la nostra modernità; e le due ragazze inglesi sedute al tavolo vicino sembrano ora accorgersene, attraverso uno scambio di sguardi diffidenti e ostili.
Alle spalle dell’Abbazia di Westminster, nelle stesse ore in cui avveniva l’orrore di Woolwich, si svolgeva una manifestazione contro i tagli alla giustizia del governo Cameron. Era una classica manifestazione anglosassone, raccolta su un lato della strada, senza traffico bloccato né intemperanze, guardata a distanza da qualche poliziotto e da molti turisti; c’erano associazioni laburiste e avvocati, molti dei quali con la toga e la tradizionale parrucca di crini di cavallo, simbolo di un’antica aristocrazia giudiziaria ormai abolita. Tra di loro, alcuni erano indiani, pakistani, caraibici. Quella manifestazione esprimeva compiutamente l’idea di una società multiculturale in cui l’integrazione sembra essere cosa compiuta. Quegli uomini e donne di culture diverse partecipavano alla vita politica e sociale e ad un sistema di valori di cui condividevano la natura.
Ma il terrorismo che ieri ha colpito Londra incrina tutto questo; è un altro tipo di terrorismo. In Gran Bretagna lo chiamano “self-starting”, autogenerante. Non viene da fuori, ma nasce all’interno della società inglese, proprio dentro il sogno multiculturale trasformato in incubo.
Quando, nel 2006, l’attentato alla metropolitana di Londra uccise 50 persone, l’Inghilterra fu atterrita non solo dal tributo di sangue versato (in un paese avvezzo alla guerra e al sacrificio) ma dal fatto che gli attentatori suicidi erano giovani inglesi di seconda e terza generazione di religione islamica; la religione che, secondo i più recenti dati demografici, diventerà maggioritaria in Gran Bretagna entro pochi decenni.
Oggi, il particolare che tutti i giornali inglesi ripetono, è il perfetto accento inglese che uno dei massacratori di Woolwich sfodera nei video girati e messi in rete. In quell’accento british si nasconde il demone incontrollabile di un conflitto che rischia di esplodere da qui a pochi anni.
All’inizio del suo mandato, Cameron aveva riconosciuto il rischio della radicalizzione di una parte dell’islam in Gran Bretagna come uno dei pericoli maggiori di tenuta della democrazia britannica. Aveva compreso come la diversità dei valori, di fronte all’impenetrabilità di alcune culture, non produce libertà ma conflitti irriducibili; e aveva dichiarato che non era più possibile rimanere indifferenti di fronte allo svilupparsi di “comunità isolate che si comportano in modi contrari ai nostri valori”.
L’attentato di Londra avviene nelle stesse ore in cui la Svezia conosce le violenze distruttive delle periferie ormai in mano agli immigrati. L’Europa multiculturale rischia di trasformarsi nell’Eurabia paventata da Oriana Fallaci. La crisi economica accentua il conflitto sociale. Ma il conflitto generato dagli errori del multiculturalismo si muove ad un livello più sotterraneo, e per questo esplode con maggiore violenza. Peccato che a Bruxelles siano troppo impegnati a risolvere i problemi dei banchieri per accorgersi di come sta morendo l’Europa.
© Il Tempo
(tratto da “Il blog dell’Anarca“)