Il nuovo razzismo è nero
In America c’è un problema di razzismo… dicendo così, so che state pensando al Ku Klux Klan, all’estremismo di destra, al Sud e ai “redneck”, dunque al razzismo dei bianchi ai danni dei neri. Ebbene no. Dovete aggiornare la mappa etnica. Perché, adesso, sono più razzisti i neri. Lo rivela un sondaggio Rasmussen. Il 31% degli afro-americani ritiene che la propria etnia sia la più razzista nei confronti delle altre (bianchi e ispanici, in primo luogo), mentre il 24% ritiene che i bianchi siano i più razzisti. C’è una differenza di appena 7 punti percentuali, d’accordo. Ma è significativa, considerando che per quasi un secolo i neri hanno subito la schiavitù e la segregazione razziale è rimasta fino agli anni 60 del secolo scorso. La discriminazione contro i neri è un tema dominante nell’insegnamento e nella cinematografia americane, da almeno 40 anni.
Il razzismo bianco e di destra è ormai entrato nella coscienza di tutti, soprattutto di chi l’ha subito. È dunque doppiamente impressionante vedere come gli afro-americani siano ormai consapevoli del loro stesso razzismo. Vuol dire che il fenomeno è talmente macroscopico che, nonostante tutta la cappa di politicamente corretto, non può più essere negato. Più comprensibile il risultato dello stesso sondaggio fra i bianchi: secondo il 38% di americani di origine europea, i neri sono i più razzisti, mentre solo il 10% ritiene che siano ancora i bianchi i peggiori. Scomposto per appartenenza politica, vediamo che il 49% dei Repubblicani (indipendentemente dalla loro etnia di appartenenza) considera più razzisti i neri, contro il 29% dei Democratici e il 36% degli indipendenti. Il dato più inquietante è quel 32% di americani che (indipendentemente dall’etnia o dalla famiglia politica di appartenenza) pensa che la tensione etnica stia peggiorando. Mentre il 29% pensa che stia migliorando.
Questa vicinanza di risultati denota, oltre che scarsa chiarezza sul tema, anche una notevole preoccupazione. In un Paese veramente stabile, gli ottimisti dovrebbero essere in maggioranza assoluta, sopra il 50%. Thomas Sowell, economista e sociologo afro-americano di idee liberali, attribuisce la colpa del fallimento del “melting pot” americano alla degenerazione del movimento dei diritti civili.
“Anche in casi giudiziari che riguardano delitti terribili, molti “leader” neri e i loro numerosi seguaci non attendono neppure di sapere quali siano i fatti, chi sia colpevole e chi innocente, ma prendono immediatamente posizione, basandosi sulla sola distinzione su chi è bianco e chi nero” – spiega Sowell, riferendosi al caso O.J. Simpson, ma possiamo citare anche l’attuale processo a George Zimmerman, guardia giurata accusata di aver assassinato a freddo un ragazzino nero. “Cosa è andato storto?”, si chiede Sowell dopo aver ripercorso la storia, eroica, dei movimenti per la parità dei diritti civili dei neri. “Probabilmente non c’è un singolo fattore a cui attribuire la colpa per tutto ciò che è andato male. Movimenti rivoluzionari di ogni tipo, in tutti i Paesi del mondo, nel corso dei secoli, hanno lamentato l’insuccesso all’indomani del loro trionfo.
“La rivoluzione tradita” è una frase che sentiamo ripetere almeno dai tempi della Rivoluzione Francese nel XVIII secolo. Il movimento dei diritti civili negli Usa del XX secolo ha attratto una moltitudine di personaggi, pronti a schierare tutte le loro energie in prima linea nel nome della lotta contro l’oppressione razziale. Ma i successi di questo movimento hanno attratto opportunisti ed hanno anche trasformato molti idealisti in opportunisti”. I leader neri attuali, secondo Sowell, sono appartenenti a questa seconda categoria, soprattutto. Si sono battuti, non più per l’uguaglianza, ma per ottenere varie forme di aiuti economici e discriminazioni positive a vantaggio dei loro elettorati.
Per poi buttarla sul razzismo, se le condizioni del loro popolo non migliorano: “Niente di tutto questo è un’esclusiva dei neri o degli Stati Uniti – spiega Sowell – In molti Paesi e in periodi storici diversi, i leader di gruppi che arrancano, economicamente e culturalmente, hanno insegnato ai loro seguaci di dar la colpa ad altri popoli. E poi di odiarli. Questa è la stessa storia dei movimenti antisemiti sorti fra le due guerre mondiali, del movimento contro gli Ibo nella Nigeria degli anni ’60, del movimento anti-Tamil che ha trasformato lo Sri Lanka da una nazione pacifica quale era in un unico scenario di violenze di gruppo e decenni di guerra civile, caratterizzata da atrocità indescrivibili”. Speriamo che gli Usa non arrivino fino a quel punto, almeno.