Monarchia di massa
L’erede è nato, viva il regno. Il prossimo secolo di monarchia britannica è garantito dopo l’arrivo del figlio del duca e della duchessa di Cambridge, William e Kate, venuto al mondo nel 60° anniversario dell’incoronazione di sua maestà, la regina Elisabetta II, celebrata il 2 giugno 1953. Un’epoca fa – fu la prima volta di un sovrano incoronato davanti alle telecamere ammesse a Westminster Abbey nonostante lo scetticismo dell’allora Primo ministro Winston Churchill: la gravidanza di Katherine Middleton è stata scandita dalle riprese televisive e quando lunedì sera la notizia del parto era stata diffusa, i network internazionali hanno rilanciato le immagini della folla in festa di fronte al St. Mary’s Hospital e a Buckingham Palace, proseguimento di uno show riuscitissimo.
Ipotizzare che il tradizionalismo, il cerimoniale, la concessione del potere per volontà divina possano trovare lo spazio di cui hanno goduto per intere dinastie oggi è impensabile, risulta pressoché impossibile a qualsiasi osservatore e commentatore. I segni restano, ma la consistenza si è spostata su tutt’altro e specialmente sull’immagine, come racconta la favola di Kate che conosce William ai tempi dell’università a St. Andrews: i due si innamorano, si lasciano, si rimettono assieme e convolano a nozze – una favola alla quale ha notevolmente contribuito mamma Carole che come tante altre madri, una volta saputo in quale ateneo si sarebbe recato il figlio di Carlo e Diana, suggerì alla figlia che studiare in Scozia sarebbe stato più conveniente. Così la saga del Royal Baby si è immediatamente trasformata in qualcosa di già visto in decine di altre occasioni: attrici o modelle che annunciano di essere incinte, celebrità sulle quale informarsi per alleggerire le giornate. Kate Middleton come Kim Kardashian, la non meglio definibile protagonista delle cronache rosa (le biografie le attribuiscono le qualifiche di socialite, attrice, modella, stilista: tutto e niente, insomma) che a giugno ha dato alla luce la figlia nata dalla relazione con il rapper Kanye West, mossa abile per aggiornare il suo grado di notorietà. Che Kate possieda quello stile che non si addice a Kim è fuor di dubbio, ma appunto a contare non sono tanto i segni, quanto la sostanza. Le parodie partorite sul web sia in un caso che nell’altro accomunano due eventi così diversi per classe ed importanza – al di là del gossip e dei resoconti più frivoli, l’arrivo di un erede è un passaggio istituzionale fondamentale.
E’ una monarchia di massa che consente ai Windsor di rimanere saldi nell’immaginario collettivo, di solidificare la popolarità in vista del futuro, quando Elisabetta abbandonerà inevitabilmente la scena e nell’immediato i contorni saranno meno definibili. Per i puristi si tratta di un gioco al ribasso, ma pare funzioni e soprattutto mette all’angolo i repubblicani d’Oltremanica. Quanti sono? Nel febbraio 2011 un sondaggio condotto dall’istituto YouGov rivelò che il 13% degli intervistati appoggiava l’idea della fine della monarchia all’indomani della scomparsa della regina Elisabetta e con l’incoronazione del principe Carlo. Una percentuale che non è cambiata quando nel maggio di un anno fa l’80% dei sudditi si è espresso a favore della monarchia: una percentuale da record stando agli analisti.
Nella storia politica dell’isola, i repubblicani hanno sostenuto l’idea che il popolo fosse in grado di pensare ed agire autonomamente, senza l’incombenza di un sovrano che lo tenesse soggiogato. Prima il Royal Wedding e poi il Royal Baby hanno generato nuovi connotati al movimento: i termini con i quali alcuni intellettuali ed esponenti del repubblicanesimo hanno descritto l’atteggiamento dei sudditi che ha contrassegnato le nozze reali e l’attesa dell’erede tradiscono una forte insofferenza per la plebe e sottolineano un intento elitario per distinguersi da quella plebe “isterica” che originariamente intendeva liberare. Il 28 maggio dalle colonne del Guardian l’opinionista Hadley Freeman ha scritto: ” La Gran Bretagna sta per essere ricoperta da una gigantesca marea di baby stronzate“. Nel novembre 2010 Brian Reade, del Mirror, considerava il matrimonio tra William e Kate esclusivamente un affare per il governo conservatore di David Cameron per allentare l’attenzione sulla crisi economica dell’isola, mentre il popolo se ne appassionava. O ancora lo scrittore Will Self sul magazine Prospect nel 2011 paventava il rischio di un lavaggio del cervello di memoria orwelliana mentre nella sale cinematografiche gli spettatori applaudivano alla pellicola ” Il discorso del re“. Ad occhio e croce, porsi al di sopra di coloro che si vorrebbero convertire alla causa non è la strategia migliore. Fa molto aristocrazia.