Sarebbe una guerra assurda
Per lavoro ho vissuto e viaggiato per molti anni in Medio Oriente e ricordo bene la Siria: a Damasco ed Aleppo ho potuto constatare di persona come fino al 2011 si intravedessero addirittura segnali economici frizzanti, come il primo centro commerciale aperto nella capitale, giovani generazioni che sognavano e cominciavano a vivere come i loro coetanei occidentali e, proprio come in Occidente, sognavano un futuro di benessere ed emancipazione. Una serie di progressive concessioni in campo economico e politico il regime di Assad stava cominciando a farle e i dati economici davano ragione a questa svolta. Non si può dire Assad fosse filo occidentale ma di certo nemmeno filo islamico. Era ed è un leader arabo laico.
In questi giorni la politica estera “fai da te” di molti leader occidentali, in testa Barak Obama, ha avuto il pretesto per prendere una posizione sulla sanguinosa e controversa questione Siriana. Da mesi infatti insiste in questo paese una violentissima guerra civile che vede contrapposto un despota laico come Assad ad un gruppo di insorti fondamentalisti islamici finanziati e supportati da Al Quaeda. Di certo Assad non è mai brillato per azioni particolarmente democratiche in patria, nè per una politica estera distensiva con Israele, al quale tuttavia ha fatto da cuscinetto con l’Iran. Fino ad un anno fa si era formato questo strano equilibrio che normalizzava o calmierava le tensioni nell’area più esplosiva della polveriera mediorientale.
Tuttavia nel corso del 2012, quella che superficialmente in un primo periodo era stata individuata come “primavera araba” iniziata in Tunisia si è rivelata invece una tempesta di estremismo islamico, che ha contagiato anche la Siria, oltre che all’Egitto, la Libia, o Yemen. In tutti questi paesi abbiamo visto emergere e prendere piede movimenti islamici estremisti come i “fratelli musulmani” che non desiderano affatto più libertà per gli individui ma anzi, un nuovo tipo di dispotismo islamico estremista che, se si vuole, è addirittura più orrendo di quello che lo precedeva. Questa situazione sta trascinando il Medio Oriente indietro di 20/30 anni, con l’aiuto di un Occidente ed una Europa miope.
Proprio in Siria, nel 2012, questi ribelli amanti della libertà e fautori della primavera araba hanno ammazzato, tra gli altri, un ragazzo di 25 anni, che ho conosciuto personalmente e tra i primi imprenditori della nuova generazione siriana colpevole, secondo loro, di tradire l’islam continuando a preferire Assad a loro. Casi simili sono a centinaia in tutta la Syria, Egitto, Libia, Tunisia e Yemen.
Ora Barack Hussein Obama premio Nobel per la pace, con Francia ed Inghilterra, pianifica di bombardare la Siria e le istallazioni governative accusate di aver usato armi chimiche, incurante del sospetto fondato che ad usare le armi chimiche al gas nervino sui bambini (congelando i cadaveri per mostrarli poi tutti insieme creando così una messinscena globale) siano stati proprio i terroristi islamici cosiddetti “ribelli” al solo scopo di fornire un pretesto per far bombardare il loro stesso paese.
Il buonismo unito alla scarsa conoscenza delle dinamiche medio orientali e ad un conclamato filo-islamismo fanno di Obama non solo il meno indicato ad ottenere un premio Nobel per la pace, ma addirittura un bisognoso di ripetizioni di economia e politica estera nonché di buon senso.
Una azione unilaterale di questo tipo trascinerebbe il medio oriente in un pantano di tipo vietnamita che rischia di infiammare l’intera area con uno scontro tra tribù che rischia di trasformarsi in guerra continentale ed incrinare i delicati equilibri con Mosca e Pechino.
Barack Hussein Obama, accidentalmente presidente della prima democrazia del mondo è in cerca di atti buonisti a tutti i costi per essere ricordato, consapevole che ormai gli americani non vedono l’ora di dimenticarlo.