Thatcher didn’t trust Obama
Nel 2008, quando Obama vinse le elezioni, Margaret Thatcher era un’anziana signora, magari un po’ smemorata, ma ancora lucida. Abbastanza da rilasciare un’intervista su Reagan e la sua Iniziativa Strategica di Difesa nel documentario “33 Minuti”, uscito nell’inverno del 2009. Non deve dunque sorprendere la notizia che Margaret Thatcher, alla vittoria di Obama, abbia espresso un suo parere in merito. E che questo fosse negativo su tutta la linea.
Niles Gardiner (consigliere della Thatcher sulla politica estera) e Stephen Thompson (scrittore) lo rivelano nel loro nuovo libro “Margaret Thatcher on Leadership”. Più che di una biografia storica, si tratta di un vero e proprio manuale per conservatori americani. Una serie di lezioni della “Lady di Ferro” su come gestire la leadership. Va letto come un “cosa avrebbe fatto la Thatcher” in qualunque circostanza di politica interna ed estera. Inevitabile, dunque, il parere su molti problemi del mondo contemporaneo, fra cui la nuova amministrazione americana. Sì, un “problema”: avete letto bene.
“La Thatcher non ha mai rilasciato commenti pubblici sul presidente Obama e la sua leadership, ma il programma statalista della sua amministrazione, senza dubbio, era contrario a tutto ciò in cui la Lady di Ferro credeva – dichiarano i due autori al quotidiano americano Daily Caller – In privato esprimeva preoccupazione per la direzione sinistrorsa presa dagli Stati Uniti sin dal 2009 e per il declino del potere americano nel mondo”.
Il parere della Lady di Ferro fu comunque ricambiato (non in privato, ma pubblicamente) da Barack Obama: assente ingiustificato ai funerali di Stato della ex premier.
Siamo ben lontani, dunque, dall’idillio che intercorre fra Obama e altri leader della destra contemporanea: Cameron che ne sostiene acriticamente la politica estera, l’Ump francese che manda la sua delegazione dai Democratici e non dai Repubblicani, Berlusconi pronto a dichiarare quanto avrebbe voluto votare per lui. La Thatcher, no. E ci fa toccare con mano quanto le nostre “destre” siano, in realtà, solo variazioni moderate dello stesso tema della sinistra, se paragonate con il conservatorismo della Thatcher.
Quando era in vita e al potere, non finiva mai di dirlo: l’Europa continentale era dominata da due varianti dello stesso statalismo, i popolari da un lato e i socialdemocratici dall’altro. La sua via al conservatorismo, tutt’altro che compatibile con i popolari/democristiani, era un’alternativa netta a entrambi gli schieramenti. Perché puntava a una riduzione decisiva del potere dello Stato, non alla definizione delle sue funzioni. Ha potuto mantenere la sua linea fino all’ultimo, proprio in forza della sua relazione speciale con gli Stati Uniti di Ronald Reagan, superpotenza che proponeva un modello completamente opposto allo statalismo europeo.
Oggi, senza nemmeno cercare di entrare nella vita e nei pareri dell’ultima Thatcher, possiamo ben dire che l’alternativa non esiste più. Lo stesso David Cameron, che dovrebbe essere il successore della Thatcher, è invece più vicino ai popolari europei di quanto non si creda. Tanto è vero che ha potuto formare un governo assieme ai liberaldemocratici, la versione inglese deiliberalsdi Barack Obama. Non sono più gli Usa a offrire una sponda a quanti desiderano un modello alternativo all’Europa, perché è semmai il presidente in carica ad ispirarsi all’Ue per le sue riforme e per la sua politica estera.
“I libri che hanno avuto un maggior impatto sulla sua (della Thatcher, ndr) formazione politica includono La Via della Schiavitù di Friedrich von Hayek, La Ricchezza delle Nazioni di Adam Smith, La Libertà di John Stuart Mill e tutto ciò che scrisse Winston Churchill. Fu anche influenzata da Edmund Burke”, spiegano Gardiner e Thompson. Da qui si capisce la distanza siderale rispetto all’attuale leadership. Il maggior ispiratore contemporaneo di Obama è Paul Krugman, che dell’economista liberale Hayek dice in modo laconico: “Nessuno, a parte Hayek stesso, credeva che la sua teoria fosse una seria alternativa al keynesismo”, cioè alle politiche professate dai socialdemocratici (e dai popolari) europei. Il tipo di Stato che la sinistra americana vuol costruire è l’opposto rispetto a quello auspicato da Adam Smith: interventista e pianificatore, non certo lo Stato minimo dei liberali classici.
I nuovi diritti sessuali e razziali introdotti (o auspicati) da Obama sono l’opposto rispetto alla visione di Edmund Burke, secondo cui la libertà si deve fondare, prima di tutto, sul solido rispetto della tradizione. Quanto a Churchill… benché la Casa Bianca ufficialmente cerchi di negarlo, il busto dello statista britannico (regalato a George W. Bush dalla Gran Bretagna dopo l’11 settembre 2001) è stato rimosso dallo Studio Ovale e restituito all’ambasciata britannica a Washington. Pare ve ne sia un’altra copia, ma non nello Studio Ovale, non certo fra gli ispiratori del presidente. Churchill credeva nell’egemonia delle democrazie occidentali atlantiche, perché dessero l’esempio al resto del mondo. Non era certo un fautore del “guidare stando dietro” (traduzione letterale di “leading from behind”), la filosofia politica dell’attuale presidente della prima potenza mondiale.