L’ecologia con economia al verde
Gli ambientalisti catastrofisti sono fans della “green economy”, che intendono come forma di ecologia avanzata: si riempiono la bocca con questa espressione all’inglese e si credono intellettuali, moderni e avanzati.
Nelle buone intenzioni di questo tipo di intellettuale ambientalista (senza saperlo anche catastrofista!) la “green economy” dovrebbe essere una economia ecologica, quindi non inquinante, pura e sicura anche dal punto ambientale. In altre parole, l’economica verde dovrebbe finanziare solo opere pure e non inquinanti. Quindi non dovrebbe finanziare centrali a carbone o centrali a petrolio e a gas, che inevitabilmente inquinano ed immettono nell’atmosfera una enorme quantità di sostanze cancerogene.
Purtroppo, questi strambi ambientalisti dimenticano la traduzione popolare della espressione “green economy”: per il popolo questa espressione significa “economia al verde”, ossia povertà, indigenza, disoccupazione e vergogna di popolo. Non ci si può meravigliare, allora, se in nome di questa “green economy” alcuni “politici” di recente hanno proposto che lo Stato Italiano finanzi anche le Banche.
In generale, secondo chi scrive, le Banche -che inevitabilmente si occupano di guadagnare sul denaro- dovrebbero, per scelta etica, essere cancellate dalla vera “green economy”. Anzi, a dirla tutta, l’umanità può vivere benissimo senza la loro presenza!
Invece ad esse la “green economy all’italiana” vuole affidare i finanziamenti di Stato! Nel contempo, viene ancora tollerata e consentita la latitanza nel finanziare i singoli cittadini e la piccola e media impresa, con prestiti e mutui a tassi direttamente legati agli indici sovranazionali (pertanto, in questo periodo, particolarmente bassi).
Certo, a voler tutto concedere, si può considerare questa stessa una forma di “ecologia finanziaria in termini di efficienza energetica”: se il cittadino comune non ha soldi da spendere, necessariamente dovrà ridurre i consumi.
Purtroppo, non si può credere che “l’economia al verde” possa correggere la devastante crisi economica italiana. Appare piuttosto una sorta di oppiaceo, anche se è sostanzialmente un tentativo forte di guidare ed indirizzare l’economia verso obiettivi stabiliti sotto spinte lobbistiche con sovvenzioni peculiari e stravolgenti che drogano il mercato, in barba ai principi di un’economia libera e liberale.
In generale si conferma che il “Sistema Italia” non si regolamenta da solo e non si autocorregge, ma ha bisogno di una rivoluzione di ben altra sostanza, anche culturale, che, però, basandosi anche sulla “economia al verde”, si espanda verso nuove realizzazioni che implichino riduzione di disoccupazione, rilancio di comparti industriali che non si limitino all’edilizia, ma che includano il rilancio di grandi aziende energetiche (fossile, nucleare, ma anche integrative come il nuovo solare, la geotermia ecc.), elettroniche, aerospaziali.
Ovviamente in questi comparti industriali vanno messi al primo posto la affidabilità e la sicurezza dei sistemi moderni altamente tecnologici e scientificamente avanzati. Inoltre, di primaria importanza rimangono aspetti classici della presenza e la disponibilità di moderne infrastrutture pubbliche e private. Ciò implica la necessità di una nuova rivoluzione industriale del mondo agricolo e delle infrastrutture culturale, scientifiche e tecnologiche: comunanza diretta ed ecologica fra università e mondo industriale.
Questa sì che potrebbe essere una vera e propria “economia verde”, nel senso di economia pulita, senza volgari speculazioni di Banche d’Affari, di politici innominabili che gestiscono organizzazioni più o meno occulte.
Solo così potremo arrivare, davvero, ad ottenere una concreta tutela della qualità ambientale ed un rispetto della Natura, che tutti predicano, ma che molti sfruttano con il solo scopo di fare business.
* Giuseppe Quartieri è Presidente del Comitato Scientifico dei Circoli dell’Ambiente