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La lunga notte di Ed Miliband

milibandLa trama della sconfitta di Ed Miliband alle elezioni di un mese fa ormai è delineata anche nei minimi dettagli. A scriverla è stato Dan Hodges, blogger e columnist per il Telegraph, che nei giorni successivi ai risultati del 7 maggio si è messo al lavoro, raccogliendo le informazioni trapelate dallo staff laburista nelle ore che hanno preceduto il successo dei Conservatori di David Cameron e quindi pubblicate sullo Spectator.

Un resoconto che inizia con Miliband chiuso in ufficio assieme al fedele speech writer per stendere il messaggio della vittoria quando Sky News manda in onda gli exit poll che danno i Tories avanti: 316 seggi contro i 239 dei Laburisti, ad un passo dalla maggioranza assoluta dopo che i sondaggi avevano sancito che quello uscito dalle urne sarebbe stato un hung parliament. Miliband smette di scrivere, i suoi gli dicono di non preoccuparsi, “gli exit poll sono sbagliati”, e così riprende a lavorare sul suo discorso nel quale non avrebbe fatto concessioni all’elettorato più moderato: il suo obiettivo è quello di varare da subito un esecutivo di sinistra, strategia che pochi giorni prima non era stata accolta favorevolmente da alcuni componenti del suo staff che così, di fronte all’ostinazione del leader, avevano deciso di abbandonare la nave senza attendere la notte tra il 7 e l’8 maggio.

La campagna elettorale laburista è stata un fiasco enorme, rivela Hodges. Ne è un chiaro esempio il destino al quale è abbandonato uno dei volti principali del partito, Ed Balls: gli viene comunicato che il suo seggio nello Yorkshire è al sicuro e che quindi può andare a fare campagna altrove, finché all’ultimo il quartiere generale gli ordina di rientrare a casa perché le cose non vanno effettivamente così bene. Balls non sarà rieletto dopo dieci anni di servizio a vantaggio del rivale conservatore.

Ancora: gli attivisti spediscono a Londra mail continue per chiedere un parere sui manifesti e i depliant da diffondere nelle zone periferiche e ricevono prontamente il via libera, accorgendosi però di aver allegato in alcune occasioni il materiale sbagliato. Un pesante indizio sulla noncuranza dello staff di Miliband, che si limita a rispondere di default, senza una seria supervisione. Il vertice del dramma in atto giunge quando il candidato a Primo ministro svela la pietra sulla quale sono iscritti i sei punti chiave del suo (mai avvenuto) mandato: alcuni consiglieri e strateghi impazziscono, urlano e danno fuori di matto perché tenuti all’oscuro e soprattutto per quello che da subito definiscono un errore al quale è impossibile porre rimedio.

Intanto i Tories lavorano sodo e nell’inner circle di Cameron si materializza, in gran segreto, l’ipotesi di avere i numeri necessari almeno per tentare almeno la via di un governo di minoranza. Finché non giunge la notte dello spoglio e sempre su Sky News il veterano conduttore Adam Boulton, nel corso di un fuori onda, si rivolge ad un ospite esponente del Labour Party: hai ragione a dire che gli exit poll sono sbagliati, andrà anche peggio. 330 seggi per i Conservatori, 232 per i Laburisti ai quali mancano pezzi importanti dalla Scozia, conquistata dello SNP.

Miliband si presenta di fronte alle telecamere per ammettere la sconfitta, l’indomani si dimette. E dopo un mese la sinistra britannica non ha trovato il successore.

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