Anime in plexiglass Ott09

Tags

Related Posts

Share This

Anime in plexiglass

Due grandi protagonisti. No, non i candidati vicepresidenti e nemmeno i temi che si sono tirati addosso cercando le reciproche debolezze. Due grandi protagonisti inattesi: il plexiglass che li ha divisi e la mosca che a metà dibattito si è posata sulla bianca chioma del vicepresidente in carica. Basterebbe questo per raccontare una serata sfilata via in una normalità inattesa, a cui non eravamo più abituati. Il merito è tutto di Trump: la sua assenza rende il discorso politico un tantino più normale e riconsegna un minimo di civiltà al dibattito.

E veniamo a quel che si sono detti ieri sera. Poco, per i non schierati. Pence doveva provare a rassicurare un pezzo del Partito Repubblicano e tutto sommato lo ha fatto bene. E’ di un’altra pasta rispetto al presidente in carica: è più moderato nei toni (che non significa esserlo negli argomenti, Trump è decisamente più liberal di Pence), ha governato in passato uno stato importante (l’Indiana), non ha scheletri nell’armadio. Sui temi ha vacillato un bel po’, soprattutto sul Covid, ma niente di drammatico. Partiva in salita ed è andato via in progressione, senza scivoloni, dando l’impressione di quello che sa cosa sta facendo, che sa che Trump non è il migliore del mondo ma che sa anche che gli altri potrebbero essere peggio, quantomeno per un pezzo dell’elettorato.

Kamala Harris sconta la solita idiozia pre-dibattito per cui chi pensa di essere più forte alza all’infinito le aspettative. E’ andata benino, ha fatto il suo, è sembrata efficace con il suo “I’m speaking” quando Pence provava a interromperla. Per me, meglio del previsto, soprattutto meglio degli ultimi dibattiti durante le primarie dem. Non ha convinto mezzo repubblicano e probabilmente nemmeno mezzo indeciso, ma non era quello che doveva fare. Doveva difendersi ed evitare errori madornali. Due punti importanti, passati un po’ sottotraccia: ha parlato apertamente di droghe leggere e di politiche ambientali, scendendo su un terreno pericoloso. Nel primo caso rischia di spaventare i moderati, nel secondo di raffreddare l’ala verde più movimentista.

Non è stato un dibattito memorabile e va ricordato che i vicepresidenti contano sempre il giusto. Dick Cheney a parte, chiaramente: quello era un vero fuoriclasse.

468 ad