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Chi tocca gli hackers, muore
Pasqua di lacrime e sangue per i 70 milioni di utenti del Playstation Network che da mercoledì 20 aprile non possono giocare online con le loro console per videogiochi Sony (PS3 e PSP) o utilizzare il servizio di video e musica on-demand Qriocity. Voci non confermate ipotizzano un ripristino del network entro oggi in Giappone ed entro domani negli Stati Uniti e in Europa (Italia compresa). Ma per ora questa timeline resta più una speranza che una certezza, vista l’estrema frammentarietà con cui il colosso di Tokyo sta comunicando – ai propri utenti e al resto del mondo – quello che è realmente accaduto alla sua infrastruttura telematica.
Dopo un paio di giorni di assoluto silenzio, Sony ha ammesso di aver subito un attacco hacker (si parla di “external intrusion”) e di aver intenzionalmente “chiuso” il Playstation Network per riparare i danni prodotti e migliorare la sicurezza. Poi, proprio il giorno di Pasqua, arriva l’ultimo comunicato ufficiale. “Stiamo lavorando giorno e notte – si legge sul sito Internet di Sony – per riportare online il PSNetwork e Qriocity – I nostri sforzi per risolvere la questione comportano la ricostruzione del sistema per rafforzare ulteriormente l’infrastruttura di rete. Anche se questo compito richiede molto tempo, abbiamo deciso che valeva la pena spendere il tempo necessario per dare al sistema maggiore sicurezza. Vi ringraziamo per la vostra pazienza fino ad oggi e ve ne chiediamo un po’ di più, mentre ci muoviamo verso il completamento di questo progetto “.
Parole di circostanza, che nascondono probabilmente un problema molto serio (potrebbero essere stati violati gli account degli amministratori del network) e che naturalmente non fanno alcun cenno al contesto entro il quale si è verificato questo colossale flop digitale. Flop che potrebbe avere conseguenze strutturali molto gravi per una società che per decenni ha dominato con pugno di ferro il settore dell’intrattenimento elettronico.
Tutto nasce poco più di un anno fa a Glen Rock, una pacifica cittadina nel nord del New Jersey, immersa nel cuore di Suburbia. E’ qui, infatti, che vive George Francis Hotz – nome d’arte “Geohot” – un hacker ventenne che si è già messo in luce per aver sviluppato il primo jailbreak per iPhone, regalando per sempre agli utenti Apple la possibilità di accedere a tutte le funzionalità dei loro device senza essere costretti a vivere nel colorato lager digitale controllato da Steve Jobs e compagni. Con i touch-device prodotti da Cupertino si possono fare molte più cose (e molto meglio) di quello che Apple vuole farci credere. Ma questo lo sa soltanto chi si è azzardato a “liberare” il proprio iPhone o iPad.
Alla fine del 2009, dopo un paio d’anni trascorsi a galoppare nella comunità di jailbreaking fiorita intorno ai gadget prodotti da Apple, il buon George decide di rivolgere le proprie attenzioni al gioiellino di punta di casa Sony, la console per videogiochi Playstation 3, considerata fino a quel momento immune a qualsiasi tentativo di pirateria. Hotz, come sua abitudine, mette in piedi un blog per informare in tempo reale i “seguaci” sugli sviluppi del suo lavoro. E dopo appena cinque settimane annuncia al mondo che l’operazione è riuscita: tramite un kernel Linux, è possibile prendere “pieno controllo” della macchina e utilizzare tutte le potenzialità “nascoste” da Sony.
La reazione di Sony è durissima. E parte dal Tribunale distrettuale della Nord California, che all’inizio del 2011 riceve una richiesta di “ordinanza restrittiva temporanea” nei confronti di Geohot. La strategia degli avvocati di Sony è molto aggressiva: viene identificato chiunque abbia donato denaro a Hotz (via PayPal) o si sia connesso con il suo sito (ormai ridotto ai minimi termini). Un metodo che funziona con il malcapitato giovanotto del New Jersey, che si vede costretto a risolvere la questione in via extragiudiziale promettendo di non avvicinarsi più in vita sua ad un prodotto Sony, ma che scatena la furia della comunità hacker in tutto il mondo.
E’ in questo momento che inizia a prendere peso l’ipotesi di un attacco, massiccio e coordinato, contro il PSNetwork. Ipotesi che circola con insistenza soprattutto negli ambienti vicini ad Anonymous, un gruppo che si è già distinto per azioni spettacolari contro bersagli di ogni tipo (presunti pedofili, Scientology, fanatici di hip hop, YouTube, regime iraniano, governo australiano, nemici di Wikileaks, partiti irlandesi, dittatori mediorientali e chiese battiste anti-omosessuali) oltre che per l’assolutà incapacità di esercitare un controllo diretto ed efficace sui propri membri. Il caso-Sony è, molto probabilmente, l’ennesimo esempio di questo “anarchismo” strutturale.
L’idea di attaccare il PSNetwork per “vendicare” Geohot viene a lungo discussa dal mondo che gravita intorno ad Anonymous, ma alla fine la maggioranza decide di non intervenire per non attirarsi l’ira (sacrosanta) di 70 milioni di videogiocatori. Mentre sul blog semi-ufficiale del gruppo si declina ogni responsabilità , però, continuano a moltiplicarsi le voci secondo cui l’attacco sarebbe stato sferrato dalla fazione più intensamente anti-Sony del gruppo, messa in minoranza ma decisa in ogni caso a perseguire la propria “vendetta”.
A versare benzina nei serbatoi già in fiamme di Sony, oltre ai milioni di utenti inferociti che in queste ore stanno sfogando la propria frustrazione sui forum di tutto il web, è arrivata anche la mossa di Microsoft (produttrice della console concorrente di PS3, l’Xbox 360) che ha annunciato il lancio, proprio nel weekend di Pasqua, dell’iniziativa Xbox Nation. In pratica, Microsoft ha aperto per due giorni gratuitamente a tutti la versione “gold” del proprio network di gioco online, a cui si può accedere solo pagando un (piccolo) abbonamento annuale, nel palese tentativo di attrarre quella fetta dell’utenza Sony che voleva disperatamente approfittare delle festività per dedicarsi al proprio passatempo preferito. E questo potrebbe rappresentare un “punto di non ritorno” nel serratissimo testa-a-testa con cui Playstation3 e Xbox 360 stanno lottando per assicurarsi la prima posizione nelle vendite totali di console di settima generazione (Nintendo, con il suo Wii, fa corsa a parte, visto che si rivolge a un pubblico molto più “casual” e molto meno “hardcore”).
La console della Sony è riuscita a rimanere in piedi quando un colosso dalla lunga tradizione come Nintendo l’ha battuta sul suo stesso terreno, quello dell’innovazione tecnologica e del marketing aggressivo. E’ riuscita a restare in piedi quando un gigante con la potenza finanziaria, la spavalderia e la rete di distribuzione di Microsoft è arrivata a bussare alla porta del suo mercato di punta. Ma rischia di andare al tappeto, oggi, per aver calcato troppo la mano con un ragazzino del New Jersey. Morale della storia? Don’t mess with the open-source crowd.
(da Il Tempo in edicola oggi)