Storia dei videogiochi /5 – 1988-1994
Quinta puntata della nostra breve “storia dei videogiochi”. Dopo la “console war” a 16-bit tra Nintendo e Sega, anche gli home computer fanno il grande salto. E il Commodore Amiga apre la strada alla dominazione degli Ibm-compatibili.
LA RIVOLUZIONE “AMIGA” (1988-1992)
Dopo il crash del 1984 e l’avvento degli home computer a 8 bit, un nuovo “boss” (giapponese) si impossessa del mercato. E iniziano a spuntare i processori a 16 bit. Basato sul microprocessore a 16-bit Motorola 68000, lo stesso del costosissimo Apple Macintosh, il Commodore Amiga – oltre a possedere il primo, vero sistema operativo multi-tasking (capace, cioè, di eseguire più di un’applicazione software contemporaneamente) – è una macchina ideale per giocare, con i suoi 512K di memoria e capacità grafiche e sonore che umiliano letteralmente quelle di tutti i concorrenti. L’Amiga riesce a raggiungere una risoluzione di 320×200 punti con 32 colori contemporaneamente sullo schermo (da una palette di 4096) e di 640×400 punti nella modalità a 16 colori (sempre da una palette di 4096). Soltanto un’altra macchina, sul mercato, riesce a raggiungere prestazioni simili: l’Atari 520ST.
Anch’esso basato sul microprocessore Motorola 68000, il 16-bit di Atari riesce a conquistarsi una certa popolarità tra i musicisti grazie ad una porta Midi incorporata, che gli permetteva di gestire con facilità strumenti elettronici di ogni tipo. Ma il successo di Amiga, soprattutto in Europa, è straordinario. E gli sviluppatori di software sfornano migliaia di videogiochi compatibili con la versione base del computer (il modello 500): titoli sportivi che restano nella storia, innanzitutto, come Kick Off, Formula 1 Grand Prix e Sensible Soccer, ma anche violentissimi “sparatutto” come Project X, feroci “picchiaduro” come Body Blows e Mortal Kombat, avventure grafiche del calibro di The Secret of Monkey Island, giochi di piattaforme originali e divertenti, come Super Frog e Putty Putty e perfino qualche simulazione di volo tridimensionale.
L’Amiga, che sarebbe rimasto in commercio ancora a lungo nelle sue versioni più potenti basate sui processori PowerPc (sempre di Motorola), scompare dal mercato di massa dopo qualche anno di vita entusiasmante. Colpa delle forsennate strategie di marketing della Commodore (che più tardi venderà il marchio Amiga alla Escom) e di una pirateria che, nei primi anni Novanta, raggiunge livelli davvero esorbitanti. Nelle sale-giochi, purtroppo, si assiste ad una crisi di creatività che va di pari passo con l’avanzamento delle capacità tecnologiche. Almeno due, però, sono i titoli che si distinguono dalla massa: Street Fighter 2, della Capcom, diventa il nuovo metro di paragone per il genere dei “picchiaduro” con le sue mosse speciali e la capacità quasi ipnotica di attrarre folle di giocatori; Virtua Racing, della Sega, ridefinisce da zero il genere delle simulazioni di guida con una giocabilità fuori dal comune e un motore grafico tridimensionale che lascia letteralmente a bocca aperta.
SILENZIO, PARLA IL PC (1993-94)
La “legge di Moore”, formulata dal co-fondatore della Intel, Gordon Moore, prevede un ritmo di sviluppo capace di raddoppiare la potenza di calcolo dei microprocessori ogni diciotto mesi. Moore, in realtà, si sbaglia. Perché negli ultimi anni la potenza dei processori è cresciuta più in fretta, raddoppiando ogni dodici mesi. E mentre i “normali” utenti di personal computer hanno probabilmente sottovalutato questo fenomeno, limitandosi ad apprezzare un lieve aumento della velocità dei loro elaboratori di testo e database, i videogiocatori dotati di un pc – come tutti gli utenti di software “estremo” – hanno avuto la chiara percezione di essere stati travolti da una rivoluzione senza precedenti. Già verso la fine degli anni Ottanta, i cosiddetti Ibm-compatibili iniziano ad essere utilizzati anche per giocare. Ma, a parte qualche rara eccezione, i videogame per pc sono distanti anni-luce, per impatto grafico o sonoro, da quelli sviluppati per console o computer come l’Amiga.
Con il passare del tempo, però, l’architettura “aperta” dei personal computer permette lo sviluppo di periferiche sempre più orientate verso applicazioni ludiche. Compaiono i primi joystick dedicati (quelli tradizionali non sono compatibili), le schede sonore, i lettori cd-rom, le prime schede grafiche più veloci di una tartaruga zoppa. I programmatori non hanno più scuse. E più di una casa software inizia a sviluppare videogiochi per pc. Le prime conversioni dei classici arcade sono davvero orribili, ma le macchine danno il meglio con le avventure grafiche o testuali (Manic Mansion, Zork, The Secret of Monkey Island, Day of the Tentacle), i simulatori di volo che cominciano ad esplorare le infinite possibilità del 3D (F-15 Strike Eagle II), i giochi di ruolo (gli otto capitoli della saga di Ultima, della Origin, sono l’esempio più eclatante) e quelli manageriali, come Sim City o Populous, migliori addirittura delle rispettive versioni per Amiga. Non manca poi qualche capolavoro assolutamente originale. Prince of Persia dona nuovo spessore al genere dei platforms, utilizzando una nuovissima tecnica (detta rotoscoping) di rappresentazione dei movimenti. Wing Commander è un simulatore di volo spaziale con spiccate tendenze cinematografiche e una trama coinvolgente. Doom, seguendo le orme di Wolfenstein 3D, crea il genere degli “sparatutto” tridimensionali con vista in soggettiva (fps), che verrà poi perfezionato da Quake (della Id Software come i suoi due predecessori), Duke Nuhem 3D e Unreal.
Anche Dune 2 dà va ad un nuovo genere, quello degli “strategici” in tempo reale (rts), che troverà la sua massima realizzazione con Warcraft e Command and Conquer. In Civilization e Civilization 2, infine, considerati da molti (compreso chi scrive) come i migliori giochi di ogni epoca, Sid Meier riesce a fondere con maestria elementi di strategia miltare, pianificazione economica e progresso scientifico in un contesto grandioso: la storia dell’umanità dal 4000 avanti Cristo alla conquista dello spazio. Grazie alla sua superiorità tecnologica e, soprattutto, ad una quantità immensa di software videoludico, inizia ad imporsi con forza come macchina da gioco. E il mondo delle console non sembra più così affascinante da impedirne l’avanzata.