O si fa o si muore
Ci sono momenti in cui occorre scegliere. Fare politica significa essenzialmente fare delle scelte. Quindi dividere, scontentare qualcuno, accontentare altri. E’ così per il Pd quando sceglierà (se sceglierà) tra Vendola e Montezemolo, tra Casini e Di Pietro. E’ stato così per la separazione tra Popolo della Libertà e Futuro e Libertà, con parte di berlusconiani e finiani che certo non hanno condiviso l’epilogo della vicenda. Questa sera il Pdl scrive un’altra pagina della sua recente storia. Non sarà una pagina indolore perché l’Ufficio di Presidenza è chiamato a dire con chiarezza che movimento sarà. Partecipato o dirigista, territoriale o verticista, meritocratico o l’esatto contrario. Il tema non è secondario perché su queste scelte si innesterà la selezione della futura classe dirigente e la scelta dirimente se questo Pdl possa diventare o meno un partito in grado di sopravvivere a Silvio Berlusconi e alla sua corte. A parole tutti sono per la meritocrazia in tutti i campi dell’umano agire, tranne che nel proprio ambito di competenza. Così ci ritroviamo una classe dirigente cresciuta a colpi di pacche sulle spalle (e molto peggio, in alcuni casi) e non grazie ad idee vincenti per l’Italia e per il centrodestra. Berlusconi oggi deve scegliere e scontentare qualcuno. Da una parte un partito-azienda con tanti simpatici commerciali pronti a vendere l’ennesimo sogno di un miracolo italiano che ricorda troppo da vicino i miraggi di dimagrimento della Herbalife. Dall’altra la tensione verso un contenitore di idee vero. In cui si dibatte, si discute, ci si misura sulla consistenza delle proposte e non delle amicizie. A lui la scelta. Consapevoli che, da domani, toccherà scegliere anche a noi.