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Ma un Pdl servirà
Un giorno ci sveglieremo e questo incubo sarà finito. Non ci saranno più Berlusconi, Fini e i loro colonnelli. E non ci saranno più falchi e colombe, lealisti e traditori. Il problema è, a conti fatti, quanti danni avrà prodotto questa sterile e assurda competizione. Che, sia detto ad onor del vero, affonda le sue radici nei problemi personali dei due protagonisti della vita politica della riva destra italiana.
L’Italia ha bisogno di un partito che occupi ideologicamente e pragmaticamente lo spazio politico occupato oggi dal Pdl. Un partito a vocazione maggioritaria, capace di fronteggiare la Lega al Nord e i tentativi di restaurazione statalista al Sud. Un partito che fugga la tentazione alla frammentazione e al correntismo deleterio, un partito che, insomma, da destra diventi centrale per la vita pubblica di questo paese.
Il Pdl lo è stato soltanto in parte, schiacciato dalla prepotenza mediatica del suo leader, autentica croce e delizia, e divorato da frammenti di lotta intestina che ne hanno minato credibilità e compattezza. A livello locale il partito non esiste e non può, di conseguenza, essere un autentico interlocutore di nessuno. A livello centrale il partito è, oggi, nient’altro che Silvio Berlusconi. Tutto questo dopo essere stato nient’altro che Berlusconi-Fini.
Tutto da buttare? No,anzi. L’idea iniziale di un movimento composito ma alternativo al centro e alla sinistra andrebbe recuperata in toto. Fini e Berlusconi, oggi, chiudono un pezzo della loro vicenda politica e aprono una fase due che appare molto più vicina al tramonto che all’alba di nuove vittorie. Dietro il nuovismo finiano si nasconde tutta l’insicurezza di un leader che per essere leader ha dovuto farsi un suo partito con fedelissimi che in quanto a piaggeria e incapacità di autonomia di pensiero fanno invidia a quelli dell’odiato ex alleato. Dall’altra parte, a Via dell’Umiltà, un manipolo di ultimi giapponesi continuano a ripetere a Berlusconi che tutto va bene e che la strategia deve rimanere quella dell’uomo solo al comando.
Nessuno dei due modelli è in grado di reggere l’urto del cambiamento ma un partito dei moderati che ricomprenda anche loro è priorità irrinunciabile per questo disgraziato paese. Il problema è capire dove e come si aprirà lo spazio per creare un Pdl senza Fini e Berlusconi e con regole democratiche in grado di favorire il dibattito e di determinare a quale “anima” spetti il compito di guidare. Ben sapendo che la Politica è affare complesso. Non si vince mai del tutto e non si perde mai per sempre.