Agenda Setting
Quando il Terzo Polo ha presentato la propria mozione di sfiducia, tutti ci siamo preparati a raccontare, oggi, la fine di Silvio Berlusconi. Qualcuno azzardava l’ipotesi di dimissioni volontarie, altri parlavano di un Berlusconi pronto a farsi sfiduciare per poi gridare al tradimento. Nessuno, solo due settimane fa, immaginava che a finire sul banco degli imputati (e degli sconfitti) potessero essere Gianfranco Fini e Italo Bocchino. Il gioco del cerino, questo giro, ha detto male all’ex leader di An e al suo pretoriano più fedele. Dopo lo strappo estivo, i futuristi hanno vissuto una fase d’oro in cui sembrava che Futuro e Libertà potesse diventare il partito liberale di massa che sia Forza Italia prima che il Pdl non erano riusciti adessere. Poi un lento declino, la divisione in falchi e colombe, fino alla sconfitta di oggi: volevano ribaltare e sono finiti ribaltati.
Al di là della questione numerica (tre voti sono molto pochi e una maggioranza così risicata serve quasi a niente), il problema è che Berlusconi ha ripreso in mano il boccino. In questi tre giorni si è consumata la tragicommedia di un partito, Futuro e Libertà, appena nato e già costretto ad inseguire un leader ultrasettantenne e un movimento, il Pdl, che si è ricompattato solo grazie alle intemperanze di Bocchino e Granata.
La linea politica dei finiani è cambiata tre volte nel breve volgere di 24 ore: prima sfiducia, poi astensione, poi di nuovo sfiducia. Dall’altra parte, Berlusconi ha ostentato una sicurezza e un coraggio inaspettato, rimanendo fermo sulla sua posizione di partenza e non modificando di una virgola la condotta decisa sapientemente a tavolino. Berlusconi ha deciso l’agenda politica, non Fini. E Berlusconi, adesso, sceglierà che fare: elezioni o allargamento della maggioranza; Udc e Lega o recupero dei finiani. Spetta ancora al Cav muovere la pedina che condizionerà tutti gli altri giocatori al tavolo. Con una politica come quella moderna che premia chi è in grado di fare “agenda setting”, oggi ha vinto Berlusconi, ha perso Fini e ha pareggiato Casini. Al Pd il titolo di migliore attore non protagonista.