Lasciateci scegliere

Silvio Berlusconi ha scelto il suo successore: Angelino Alfano, Franco Frattini o Mariastella Gelmini. Ne è certo il giornale di famiglia ma, va detto, ne siamo certi un po’ tutti. Il nuovo Silvio va cercato nel governo e, nella compagine ministeriale, va pescato tra quei tre.

Dopo aver rappresentato la più grande eccezione della politica italiana, Berlusconi vuole anche consacrarsi come il king maker del futuro normalizzato della nostra democrazia. C’è un problema, però, e si chiama credibilità.

Silvio Berlusconi aveva (ed ha) una credibilità maturata sul campo (impresa, sport, televisione) che ha reso tollerabile l’eccezione di un uomo solo al comando che emarginava lentamente ogni possibile competitor e si riaffermava, giorno dopo giorno, come l’indiscusso monarca della parte destra della politica italiana. Non è questione semplice da dirimere e certo, in molti come me, hanno fatto fatica ad accettarla così tanto e per così a lungo.

La leadership di Silvio Berlusconi non è stata una leadership costruita sulla politica e sulla sintesi tra politiche. E’ stata, piuttosto, un regno napoleonico post rivoluzione giacobina in cui abbiamo fatto finta di non vedere un sacco di cose: le mignotte, i ministeri assegnati a caso, l’assoluta mancanza di ogni tipo di dialettica e democrazia interna al movimento. Perché, appunto, quel movimento era prima di tutto suo. E poi anche degli elettori del centrodestra, delle sue labili classi dirigenti e delle loro sciocche volontà di elaborare un pensiero un po’ più profondo del jingle studiato a tavolino dai berluscones.

Tutto ha funzionato, e funzionerà, finché ci sarà Berlusconi. Ma un secondo dopo la dipartita politica del leader si apriranno scenari che nemmeno la Jugoslavia di Tito. Questo centrodestra è tenuto insieme con lo sputo e la cosa vale, purtroppo, più tra i quadri dirigenti che tra il popolo.  Per rompere l’inevitabile equazione tra post berlusconismo e dissolvimento è necessario garantire al centrodestra (anche allargato) un sistema di regole certe e di modalità di confronto.

Con tutto il rispetto per Alfano, Gelmini e Frattini, il prossimo leader vorremo scegliercelo. Democraticamente.

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