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C’era una volta il Pd
La chiamarono “vocazione maggioritaria” e ne andava ghiotto Walter Veltroni. Era l’atteggiamento, molto apprezzato da chi scrive, di voler delineare un’idea di paese prima ancora che un’idea di maggioranza e poteva essere la salvezza della sinistra italiana. Veltroni, però, non ebbe il coraggio di andare fino in fondo e si inventò il compromesso della vocazione quasi-maggioritaria: imbarcò Di Pietro e perse delle elezioni che era meglio perdere in solitaria. Imbastardì un progetto intelligente e lungimirante e scrisse la parola “fine” sul libro della sinistra riformista e socialdemocratica.
E’ andata così, anche se adesso è tutto un modem, teodem, veltroniani, bersaniani, correnti, capannelli, gruppi e assembramenti. Il Partito Democratico è morto nell’istante in cui non ha rifiutato in toto l’antiberlusconismo militante, il manettarismo dipietrista e il furore giacobino di schegge impazzite che si agitavano al suo interno. Nessuno sarà mai in grado di dirci che paese hanno in mente Antonio Di Pietro, Anna Finocchiaro o Marco Travaglio. Tutti sanno per certo che hanno un nemico: Silvio Berluconi. La sinistra italiana è stata contagiata da questo virus e non ci ha ancora detto con chiarezza cosa pensa della Fiat, di Marchionne, di Tremonti, della riforma fiscale. Tanto, per stare uniti, basta aver contro Berlusconi.
Oggi Walter Veltroni spacca di nuovo il Pd e scrive l’ultima pagina di una storia che avrebbe dovuto essere diversa. Poteva essere la storia di una sinistra finalmente normale, in grado con le primarie (che invidia per loro che ce le avevano) di fare sintesi tra anime e di selezionare una classe dirigente, di smussare gli angoli ed isolare le minoranze. Hanno scelto, invece, di fare due passi indietro: hanno cercato il dialogo con l’antagonismo per partito preso, con gli sfasciatori di città, con gli estremisti della Fiom e hanno perso il contatto con il mondo reale.
Quella maggioranza silenziosa composta da cittadini che non vanno in piazza, non fanno le tessere, non manifestano, non fanno casino, non considerano Berlusconi un dittatore. Ma, magari, sono pronti a scegliere qualcos’altro rispetto a Berlusconi. La sinistra italiana non l’ha capito e, ancora una volta, ha scelto di fare quello che le riesce meglio: rappresentare poche minoranze di privilegiati e voltare le spalle al popolo dei moderati. Così, però, perdiamo tutti; centrodestra compreso.