Tibet, ha vinto la Cina

Non molti, giustamente, seguono i giornali quotidiani che si editano in India. Ancora meno sono coloro che seguono la stessa traccia proveniente dal Tibet. Ma chi avesse avuto la ventura di incappare in uno dei succitati organi di stampa, non avrebbe potuto non notare una notizia pompata in maniera fuori dal comune negli ultimi giorni: l’arresto di uno dei più stretti assistenti del Karmapa Lama, il terzo in ordine di importanza dinastica nel Tibet pre-maoista.

L’arresto è avvenuto nell’ambito di un’operazione anti-riciclaggio condotta nel monastero buddista di Gyuto, che si trova nei pressi della città settentrionale di Dharamsala, dove ha sede il governo tibetano in esilio. Le autorità indiane hanno sequestrato valuta indiana e straniera per circa 560mila euro. Il denaro era nascosto in sei valige nella stanza di Shakti Lama, che è il braccio destro del 17esimo Karmapa, noto come il “Lama dal Cappello Nero” e visto come uno dei probabili candidati alla guida dei tibetani dopo la morte del Dalai Lama. Al momento del raid il Karmapa, Ugyen Trinley, si trovava nel monastero.

Tra le valute straniere sequestrate ci sono dollari, euro, sterline, yen e monete provenienti da un totale di 25 Paesi, tra cui anche la Cina. L’ammontare preciso della somma non è tuttavia ancora noto e ci sono delle discrepanze tra le fonti indiane. Il commissario della polizia D.S. Manhas ha detto che “il denaro potrebbe essere stato importato illegalmente in India, probabilmente attraverso il sistema di trasferimenti di valori dell’hawala”. L’hawala è un sistema illegale di invio di denaro che si basa esclusivamente sull’onore degli operatori della rete.

Il Karmapa Lama è il terzo in ordine di importanza nella gerarchia religiosa – e politica – del Tibet. Prima di lui vengono il Dalai Lama e il Panchen Lama: i tre sono interconnessi anche da un punto di vista dinastico, dato che ognuno è incaricato (da secoli) di riconoscere la rinascita dell’altro. Il Karmapa ha 27 anni ed è fuggito dal Tibet in modo rocambolesco con la famiglia nel 1994, per raggiungere il Dalai Lama in India.

La Cina vuole interrompere questa linea dinastica, e ha già fatto rapire il vero Panchen Lama sostituendolo con un altro di nomina politica. Alla morte del Dalai Lama i tibetani ritengono che debba essere il Karmapa a guidare la comunità in esilio fino alla rinascita e al riconoscimento del prossimo Dalai. Questa inchiesta tenta di screditarlo, dato che per il diritto tibetano gli alti lama rispondono in prima persona delle gesta dei propri assistenti.L’esilio, il rapimento e i magistrati compiacenti: con questi tre strumenti, Pechino è riuscita con ogni probabilità a conquistare veramente il Tibet. Sessantaquattro anni dopo l’invasione ordinata da Mao Zedong.

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