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Senza alternative
È sconfortante leggere le ultime vicende che riguardano Futuro e libertà. Non che chi scrive abbia mai pensato – anche per un solo attimo di mancamento – che il partito di Gianfranco Fini potesse rappresentare qualcosa di utile per l’Italia. Ma la sceneggiata di Latina e la storia di Olbia, dove i futuristi si presenteranno alle Amministrative al fianco del Partito democratico, getta nello sconforto. Perché? Perché FLI non offre un’alternativa e per quanto quella alternativa possa non essere prendere in considerazione, quantomeno offrirebbe un po’ di sana competizione nello schieramento che in teoria sta a destra del panorama politico. E la competizione fa del bene, in particolare a chi ormai è adagiato su se stesso e invece di raccogliere i consensi delle generazioni che sono cresciute guardando alle esperienze conservatrici in Gran Bretagna e Stati Uniti, alla Right Nation, li allontana con scelte e dichiarazioni che si adattano maggiormente ad un partito socialdemocratico, non certo al Popolo della libertà che dovrebbe essere di ispirazione opposta, almeno sulla carta.
La componente di Futuro e libertà è riuscita a fare di peggio: da una parte ha abbracciato la strategia antiberlusconiana dipietrista e giustizialista, dall’altra ha provato a darsi un tono intellettuale spacciando per roba fini associazioni di idee come fascismo e libertarismo, contando sul silenzio dell’intellighenzia radical chic che conta ancora su Gianfranco Fini per disfarsi di Silvio Berlusconi, visto che politicamente non è in grado di riuscire nell’impresa. Tutt’al più si dà appuntamento in un palazzetto dello sport di Milano e sancisce sommariamente ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Non che da gente come Italo Bocchino, Fabio Granata e Filippo Rossi fosse lecito attendersi altro: è gente che deve stare a galla nell’agone partitocratico, non ha le preoccupazioni delle persone comuni. Al massimo fanno le vittime, gridano alla censura, fanno fallire un sito e ne aprono un altro, con settimanale allegato, concedendo spazio ai Marco Travaglio che filosofeggiano su quale sia la vera destra liberale. Fortuna che c’è chi come Antonio Martino ha l’acutezza di parlare chiaro e di riassumere l’ultimo anno di scontri in una sola frase: “Fini non è più di destra, ma resta sempre fascista”. Le provocazioni politicamente scorrette sono sempre le preferite da queste parti, perché immediatamente scatenano le reazioni indispettite degli interessati. Il guaio però rimane: l’alternativa continuerà ad essere quella di scegliere il meno peggio? Visto che la risposta sembra essere “sì”, vivissimi complimenti ai finiani: il loro fallimento è sbocciato presto come la primavera in corso.
DARIO MAZZOCCHI, 28 anni, lombardo, giornalista. E’ uno di provincia, e ci tiene. Appassionato di Guareschi, Rugby e Conservatori Inglesi. Ha scritto su Libero e non l’ha mai detto a nessuno, scrive su The Right Nation e lo racconterà ai nipotini. Thatcheriano puro, non ri rassegna ad avere David Cameron come leader. Ha un blog, Mondopiccolo, un Tumblr, un profilo Facebook e tutto quello che serve per rimorchiare.