L’odore del sangue

Il compromesso sul budget, che ha evitato il “government shutdown”, è stato il punto di non ritorno. Con la vittoria concessa ai repubblicani di John Boehner, che hanno portato a casa tagli per 38,5 miliardi di dollari (il GOP era partito chiedendone 32, prima di alzare la posta su pressione dei Tea Party), si è ufficialmente consumata la prima vera rottura tra il presidente Obama e l’ala più liberal del suo partito. I rapporti con la nutrita pattuglia di deputati e senatori progressive erano già tesi da tempo, complice il presunto “bushismo” della politica estera obamiana in Medio Oriente e le numerose marce indietro dell’amministrazione sui temi dei diritti civili che stanno più a cuore alla sinistra statunitense. Adesso, però, a mostrare insofferenza verso le scelte del presidente sono anche gli esponenti del “nocciolo duro” liberal, colonna portante intellettuale e politica dei Dems.

A sparare il primo colpo è stato il premio Nobel per l’economia Paul Krugman sulle colonne del New York Times, che ha ricordato come il compromesso sul budget sia arrivato “soltanto pochi mesi dopo un’altra pesante concessione ai repubblicani, quella sull’estensione temporale dei tagli alle tasse voluti dall’amministrazione Bush”. Ma le critiche a Obama piovono anche dall’interno del Congresso. Il deputato californiano George Miller sintetizza così i malumori liberal sul budget: “E’ uno schiaffo alle famiglie povere e alla middle-class, che sono già state le più colpite dalla crisi, mentre ancora una volta i ricchi non pagano alcun prezzo”. Miller, che alle primarie del 2008 aveva appoggiato Obama malgrado il suo distretto (CA-7) avesse scelto Hillary Clinton, non è un caso isolato. Eleanor Holmes Norton, che occupa (senza diritto di voto) il seggio congressuale di Washington DC, ha definito “ipocrita” l’amministrazione. E il sindaco democratico della capitale, Vincent Gray, ha rilasciato durissimo comunicato stampa in cui definisce “assurdo” il compromesso, dichiarando che “ancora una volta gli interessi del popolo americano sono stati sacrificati sull’altare degli espedienti politici”. Tra i quarantadue deputati democratici che lunedì scorso hanno votato contro il primo “via libera” ai tagli, insieme a quasi tutti i membri del progressive caucus c’è più di un liberal ortodosso.

(continua su L’Occidentale)

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