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C’è ancora tempo
Caro Vittorio, per la prima volta, mi permetto anche in pubblico la confidenza del «tu», perché mi farebbe piacere ragionare insieme su una questione di fondo che credo ci stia davvero a cuore. Nelle ultime settimane vi sono stati diversi segnali a mio avviso di notevole interesse: le dichiarazioni del ministro Galan sul testamento biologico, le osservazioni magistrali di Antonio Martino su economia e tasse, la battaglia generosa di Guido Crosetto sulla manovra, e – per quel poco che valgono – alcune mie prese di posizione, non di rado ospitate proprio su questo Giornale , su entrambi i temi.
E su questi stessi argomenti, dall’economia alle libertà personali, non mi sono certamente sfuggiti i tuoi interventi, da me totalmente condivisi. Cosa unisce queste sensibilità, tutt’altro che isolate, tutt’altro che marginali, e a mio avviso sintonizzate sulla lunghezza d’onda di una vasta maggioranza degli elettori del Pdl? A ben vedere, il denominatore comune è quello del desiderio di un’accelerazione liberale del centrodestra, sulla linea tante volte indicata dallo stesso Silvio Berlusconi. Parliamoci chiaro: ognuno di noi ha una storia diversa, non necessariamente abbiamo gli stessi libri sugli scaffali di casa, ma siamo uniti dal ritenere che, nell’Italia di questi anni, la sinistra sia esposta al rischio di essere il partito della conservazione, dell’immobilismo, dello status quo, mentre proprio al centrodestra tocchi il compito di essere la forza della modernizzazione, del cambiamento, della trasformazione del Paese, e non della «gestione dell’esistente».
Parliamoci chiaro: le circostanze non ci hanno aiutato. L’assedio mediatico e giudiziario è ripartito nel momento in cui il Premier era ai massimi di consenso (ricordiamoci cosa si scatenò dopo Onna, 25 aprile 2009, con un Berlusconi commosso e capace di unire il Paese: cosa che evidentemente a qualcuno non piacque), e soprattutto una crisi mondiale sconosciuta dai tempi del 1929 ha reso incerto e sdrucciolevole il terreno su cui camminiamo. E la manovra approvata in queste ore e giorni è, per tanti versi, una medicina amara quanto inevitabile. Ma, detto e ribadito che la sinistra è impresentabile e non merita di governare, e che la sua stessa richiesta di una crisi di governo ne mostra l’irresponsabilità, visto che rimetterebbe la testa dell’Italia nelle fauci della speculazione, resta da capire cosa vogliamo e possiamo fare noi, noi del centrodestra, da qui a fine legislatura. Venti-ventidue mesi non sono pochi, tutto sommato: è possibile premere sull’acceleratore delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni, su una ripartenza di politica economica che marchi la distanza rispetto alla vecchia «dottrina Visco», su una lotta all’evasione fiscale che non abbia i tratti prepotenti e vessatori che tanti italiani in questi mesi stanno sperimentando sulla loro pelle da parte di Equitalia.
A me pare che queste siano le cose da mettere in campo per dare seguito al giusto e coraggioso appello di Alfano agli elettori del Pdl che alle ultime amministrative si sono astenuti. Si tratta di molte centinaia di migliaia di persone che non votano e non voteranno a sinistra, ma che intanto hanno deciso di punirci stando a casa. E, su un altro piano, distinto ma parallelo, è anche possibile evitare che il centrodestra finisca per connotarsi (o apparire connotato) in senso confessionale. Ho enorme rispetto per chi vuole questa legge sul testamento biologico, ma con chiarezza ho detto che, se fossi in Parlamento, non la voterei, e tutti i sondaggi attestano che una vasta maggioranza di italiani (laici e credenti) non apprezza quel tipo di normativa. Uno dei meriti storici di Silvio Berlusconi, in questi anni, è stato sempre quello di tenersi fuori dalle «guerre di religione», e di garantire pari dignità a culture e sensibilità politiche diverse, senza che nessuno (laico o credente, moderato o liberale) si sia sentito «ospite » o «tollerato».
Non mi pare una questione di poco conto, anche per il futuro. La stessa Dc ha quasi sempre evitato, nella sua storia, di schiacciarsi su posizioni di integralismo, e, quando lo ha fatto (si pensi al caso del divorzio) ha subito cocenti sconfitte. Esprimo queste considerazioni a titolo personale, e te le affido, sperando che proprio su questo Giornale si apra e cresca una discussione che aiuti davvero il Pdl, il presidente Berlusconi, il segretario Alfano, che meritano ogni sostegno. A loro e a noi tutti mi permetto di dire: le ragioni liberali sono «parte della soluzione» dei problemi del Paese e anche delle nostre difficoltà. Ne parliamo?