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Un liberal
C’è un aggettivo di troppo nella definizione che David Cameron ha dato di sé qualche settimana fa durante il dibattito del mercoledì alla House of Commons: Liberal Conservative.
Il guaio grosso è che quello che stona è il secondo, come il Primo ministro inglese ha confermato con il discorso di oggi alla conferenza di Manchester, nel corso del quale ha riproposto i suoi cavalli di battaglia, Big Society inclusa. Un concetto che tale rimane e Cameron è troppo impegnato a rimarcare di volere una “stronger and bigger society” da dimenticarsi di aggiungere che per far ripartire l’economia occorrerebbe anche meno stato.
Di solito i conversatori ci tengono a sottolinearlo, i liberal no. Ci ha pensato per fortuna Boris Johnson, che ha chiesto tanto a Cameron quanto al fido George Osborne che è il momento di tagliare tasse e macchina normativa, la ripresa allora verrà da sé. I conservatori che vuole il loro leader assomigliano tanto al blu leggero, annacquato e tinto di verde che campeggiava dietro a Cameron intento ad arringare la platea sul palco.
Assicura che con i Tories al governo sono tornati pure l’ordine e la disciplina nelle scuole, poi annuncia all’interno del Work Programme stanziamenti di 14.000 sterline a testa per agevolare il reinserimento di chi è rimasto senza un’occupazione e deve aggiornare la proprie qualifiche alle richieste di oggi. È un conservatorismo a dir poco criptico, il suo. E il tiepido applauso riservatogli dai presenti in sala quando ha provato a spiegarlo, indica che la missione non è andata a buon fine: “Conservatives believe in the ties that bind us; that society is stronger when we make vows to each other and support each other. So I don’t support gay marriage despite being a Conservative. I support gay marriage because I’m a Conservative”.
Sì, doveva essere un congresso di liberal, effettivamente.