Le ragioni di un impegno
Come molti di voi già sapranno, sabato scorso sono stato eletto vice-coordinatore del Pdl della Provincia di Udine. Un’elezione frutto di un congresso unitario, arrivato alla fine di un processo di sintesi complesso tra le varie anime del partito e che ha prodotto – in un tempo difficile per la politica – una mediazione che ho ritenuto positiva. Avevo dato, agli amici che me l’avevano chiesto, la mia disponibilità ad una corsa solitaria in un congresso “di conta” e avevo sostenuto, anche pubblicamente, che sarei stato pronto a battermi rischiando la sconfitta se il Pdl non avesse accettato di incamminarsi sulla strada del necessario rinnovamento.
Mi è stato chiesto di candidarmi al ruolo di vice-coordinatore e l’ho fatto con piacere. Primo perché il candidato coordinatore Ferruccio Anzit è persona che stimo, secondo perché la totalità delle mie richieste congressuali è stata accolta. Non si è trattato di ragionamenti sull’organigramma del futuro coordinamento provinciale quanto più di “mozioni” ideali, che sono diventate la base della relazione con cui ci siamo presentati all’assemblea degli iscritti.
Il documento su cui abbiamo chiesto il consenso del nostro movimento dice senza mezzi termini e senza facili retropensieri che occorre ripartire da due concetti semplici ma essenziali: democrazia e partecipazione. Non mi stancherò mai di ripetere che quando sentite parlare di “partiti leggeri all’americana” dovreste munirvi di massicce dosi di diffidenza. I partiti americani non sono “leggeri”, tutt’altro. Sono pesanti ed incisivi, scelgono i candidati, segnano la linea, stimolano gli eletti. Ad essere “leggeri” sono gli apparati. Ed è un tema cruciale per il nostro futuro: se il nostro movimento – e il centro destra tutto – crede ancora di poter recitare un ruolo per questo paese deve riscoprire la sua natura di movimento popolare e non elitario. Basta liste bloccate, segreterie chiuse, rendite di posizione e porte aperte a chi ha un contributo da offrire. I congressi, le primarie, consultazioni anche tematiche con gli iscritti: fate quel che volete, ma smettetela di pensare che chi vota e milita in questo partito serva soltanto per attaccare i manifesti in campagna elettorale.
Ho personalmente una convinzione, magari naif: in questo paese non c’è una crisi di fiducia nella “politica”. C’è una crisi di fiducia – profonda e radicale – che riguarda questa politica, questi partiti, questi parlamentari. E all’interno del centrodestra c’è una crisi di fiducia nei confronti di scelte molto spesso imposte dall’alto, altre volte assolutamente illogiche e irrazionali. Mille volte ho scritto su questo blog che l’idea di Pdl che avevo in mente – e con me tanti altri – era decisamente diversa da quella che si stava realizzando.
Date queste premesse, che fare? Invocare congressi, democrazia, possibilità di dibattito e poi alla prima stagione congressuale vera rinunciare all’impegno politico? Mi sono detto che, anche per coerenza rispetto ai miei compagni di viaggio, occorreva sporcarsi le mani e cercare, proprio oggi, proprio in considerazione del momento delicato che stiamo vivendo, di riportare i valori in cui crediamo al centro dell’agenda politica di questo paese.
Fuori dal congresso, nelle menti di molti di noi, aleggia la madre di tutte le domande: “Cosa succede adesso?”. Mentirei se dicessi di avere una risposta certa riguardo il futuro del Pdl e del centrodestra, le sue evoluzioni. Nessuno sa dire se cambieremo nome o organizzazione o se, invece, ci rafforzeremo nel nostro assetto attuale.
Quello di cui sono certo è che i nostri valori non sono un simbolo su una scheda o un nome su una bandiera. Quel che crediamo è largamente più forte di questa o quella leadership ed è destinato a durare nel tempo. Sabato ho parlato davanti da una platea composta da persone che avevano trascorso larga parte della propria vita politica in Forza Italia, o in Alleanza Nazionale, o ancora in movimenti popolari, riformisti, liberali. Tanti giovani che erano lì hanno vissuto, invece, nel Pdl, la loro prima esperienza in un partito.
Se tutti loro (me compreso) hanno scelto di cercare le ragioni che ci uniscono dando vita a questo esperimento politico è stato perché, tutti insieme e tutti con uguale dignità, abbiamo realizzato in questi anni – al governo come all’opposizione – che esiste una condivisione di valori più forte delle divisioni in movimenti diversi, in partiti diversi, in correnti diverse.
E’ semplice dire quello in cui crediamo ma è altrettanto rivoluzionario. Crediamo nell’uomo, nella libertà, nel ruolo sussidiario dello stato rispetto al privato. Crediamo nella responsabilità fiscale, che significa che nessun ente pubblico deve spendere più di quello che incassa dalle tasse di persone e imprese. E che queste tasse non possono essere aumentate a dismisura perché la libertà di un paese si misura anche dal livello di pressione fiscale che impone ai propri cittadini. E sono questi valori che ci rendono profondamente diversi dalla sinistra e di cui dobbiamo essere convintamente orgogliosi.
E’ perché credo in un centrodestra ancora fortemente ancorato a questi ideali che ho scelto di accettare una sfida certamente complessa ma che andava raccolta. Inizio un percorso che dimostrerà se a quel che penso sono in grado di far seguire quel che faccio: non è facile ma è l’unico modo che conosco per poter dire di essermi messo in gioco.
Così, oggi, accanto a questo blog, spunta un piccolo diario friulano dove troverete tutto quello che mi passa per la testa e che riguarda la mia terra e il mio impegno in politica. Perché una Right Nation italiana si costruisce anche così.