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Calearo e noi
Alla fine Calearo si dimetterà e tornerà a fare l’imprenditore. C’è solo da sperare che con la sua uscita di scena qualcuno non pensi di aver risolto tutti i problemi che riguardano lo stato della nostra rappresentanza. Il caso di Calearo è (probabilmente nemmeno il peggiore) un esempio tipico di quel che è diventata la nostra classe parlamentare. Eletto nelle liste del Pd in Veneto, l’imprenditore vicentino ha avuto un unico rapporto con il partito che lo ha eletto: è stato scelto dall’allora leader Walter Veltroni.
E’ destino comune a molti dei nostri onorevoli e senatori e pensare che Calearo sia l’unico è il modo migliore per risolvere la questione all’italiana, cercando il solito capro espiatorio. Non vogliamo fare del moralismo spicciolo o soffiare sul vento di una certa demagogica antipolitica, ma quanti dei nostri parlamentari siedono sugli autorevoli scranni di Monte Citorio o Palazzo Madama con un minimo di merito? E quanti invece devono le loro fortune politiche alla semplice amicizia o vicinanza a un qualche leader nazionale?
In questi anni, da un sistema come quello disegnato dal cosiddetto porcellum, ad uscirne mortificati sono stati i territori e i meccanismi classici di controllo e di rapporto tra elettori ed eletti. Riceviamo in eredità un sistema folkloristico, che ci ha regalato più casi umani che parlamentari degni di tal nome. Felicissimi gli autori di programmi tipo “La Zanzara”, un po’ meno quelli che sperano in un paese moderno.
Quando vi diranno – e ve lo diranno – che la scelta dei parlamentari non è una priorità del paese, ricordatevi di questa storia.