La sfida di Boris a Dave
Boris Johnson (forse) questa volta fa sul serio. La Londra di cui è sindaco ha appena salutato le Olimpiadi e se dalle parti di Westminster il Primo ministro David Cameron ha in programma di dare una aggiustatina al suo governo, Johnson ha infilato una stoccata che avrà strappato qualche sonoro applauso nel partito conservatore. Detta fuor di metafora, ha invitato Cameron a smetterla di fare la fighetta sull’economia, di non essere troppo timoroso, e di sistemarla. Puntando ad esempio su un piano concreto per le infrastrutture: Johnson ha in mente un nuovo aeroporto da costruire lungo il Tamigi, in prossimità dell’estuario del fiume che attraversa la capitale britannica. Dichiarazioni raccolte dall’ Evening Standard, free press che registra una diffusione superiore alle 600.000 copie.
L’esecutivo lo scorso mese ha rimandato la pubblicazione di un report sullo stato delle cose per quanto riguarda il sistema dei trasporti inglesi, mentre Justine Greening, che ricopre il ruolo di Transport Secretary, secondo le voci che giungono dall’interno dell’establishment conservatore, si sarebbe fermamente opposta ad una nuova superstrada che colleghi Heathrow con Londra, opzione presa invece in seria considerazione sia da Cameron che da George Osborne, il Chancellor – ovvero il ministro dell’Economia britannico.
Sull’onda della popolarità che lo accompagna all’indomani della fine dei Giochi (l’ultimo sondaggio effettuato tra i laburisti lo indicano come l’avversario più pericoloso per il segretario della sinistra d’Oltremanica Ed Miliband), Johnson non molla l’osso e alla domanda se abbia intenzione di tornare in Parlamento, risponde che al momento non ha alcuna intenzione di interrompere il suo secondo mandato come sindaco di Londra, ma la prossima mossa sarà proprio quella: tornare nella House of Parliament. Rimane da capire con che grado, se da semplice deputato o come leader – della maggioranza o dell’opposizione, è tutto da vedere. Che Boris Johnson sia il candidato più accreditato per sfidare Cameron alla guida del partito è ormai una costante: perché ciò accade occorre che il primo rientri appieno nel giro parlamentare, cosa che gli è impossibile stando nel suo ufficio di sindaco londinese.
Dario Mazzocchi, L’Opinione