Contabilità 1.0
È una bella sfiga non avere confidenza con i numeri perché tra l’altro pare che questa sia un’epoca dove sapere fare di conto possa tornare utile non solo per capire quanti soldi ci rimangano in tasca, ma in particolare per prevedere che fine farà tutto ciò che ci circonda. Non abbiamo confidenza con le cifre e attenderemo il futuro in balìa del destino. Amen. Siamo ignoranti, ma non troppo da non rendercene conto e non farcene una ragione. Così abbiamo esultato nel leggere l’articolo con il quale Niall Ferguson ci è andato giù pesante con Barack Obama: cinque pagine online (non siamo nemmeno abbonati a Newsweek, non sapremmo come rendere giustizia al prestigioso settimanale americano: una volta data una veloce sfogliata all’ultimo numero, lo dimenticheremmo sulla scrivania, sotto un ammasso di altre riviste meno impegnative che riportano le ultime vicende del principe Harry) che suonavano come un bel montante destro alla campagna di Obama per farsi rieleggere alla Casa Bianca. Il fatto poi che i media italiani si fossero ben guardati dal riportare l’accaduto ha confermato le nostre prime sensazioni: che il colpo era andato a segno.
Poi è arrivata la controffensiva. I democratici si sono mobilitati. I giornali e i siti che ronzano attorno a Obama si sono dati da fare. Ha parlato Paul Krugman e in Italia le analisi dell’economista firma del NY Times sono state accolte con il tappeto rosso e la fanfara. Tutto preventivabile perché per quanto ignoranti di fronte a percentuali, grafici e previsioni , conosciamo il meccanismo del dibattito politico. Infine è accaduto che a prendere parola siano stati i professori italiani. Non Monti e soci di governo: quegli altri professori. Che hanno il pedigree giusto – tra studi nei migliori college d’America (per i quali devono aver rinunciato alle migliori feste del campus), frequentazioni con gente di un certo spessore e ospitate sulle tv italiane per informare il popolo di quanto sta accadendo nel mondo – per presentarsi alla lavagna con il gessetto in mano, non prima di aver ordinato alla classe di restare in religioso silenzio, e per infondere dunque negli studenti la verità. “Le cose stanno così” e chi osasse contraddirli, prego si levi in piedi ed esca dall’aula che qui non c’è tempo da dedicare a reazionari privi delle basi della materia.
Abbiamo dunque scoperto che Ferguson (che conoscevano già da prima che vergasse l’editoriale famoso di Newsweek se non altro per una famosa battuta attribuitagli dai tempi di Oxford, quando confessandosi con l’amica del cuore disse che un uomo nel provocare l’orgasmo alla propria partner prova lo stesso piacere di Jesse Owens nel vincere l’oro olimpico sotto gli occhi di Hitler a Berlino ’36), abbiamo scoperto – dicevamo – che Ferguson – storico dell’economia ad Harvard – non sa una mazza. È finito sotto un treno, mentre si bullava delle proprie abilità. Addirittura, ha mancato di assicurare un fact checking, insomma non ha controllato fonti e numeri: peggio di Zucconi che copia e incolla direttamente le sue corrispondenze da Washington per la Repubblica. Cinque pagine di articolo, un paio di imprecisioni – dicono i professori – che gli sono costati il pubblico ludibrio. Da cosa poi nasce cosa e siamo venuti a sapere che durante la presidenza di Ronald Reagan il debito federale, anziché calare, è cresciuto. Sarà per questo che l’ex presidente rispose a chi gli fece notare che il debito pubblico stava aumentando di non preoccuparsi, perché lo stesso debito “è abbastanza grande da badare a sé”?
Il debito. Un affare complesso, ingombrante. O meglio: fastidioso. Uno guarda i famosi grafici che ne indicano l’andamento e si sente confuso – che sfiga essere ignoranti di fronte ai numeri. Talmente confuso che in Italia magari sostiene un manifesto per fermare il dannato declino di questo paese (manifesto liberista, si conta in giro) e negli Stati Uniti estrae la spada per difendere il castello di Obama. Al 27 agosto 2012 the Current Outstanding Public Debt of the United States is $15,976,519,029,144.14. Più che abbastanza grande, ora paiono pronti per mandarli in pensione. L’uno e l’altro.