Affinità-Divergenze tra il compagno Grillo e Mr. Farage
Il fronte euroscettico, se non decisamente antieuropeo, che siederà nel prossimo parlamento dell’Unione dopo la tornata elettorale di questo fine settimana ormai è delineato e ha in prima fila l’Italia, con il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo a far da padrone nei sondaggi. Dai palchi dei comizi con i quali sta attraversando nuovamente il paese, il leader dei pentastellati ricorda con insistenza il successo di altre realtà come nel Regno Unito, “dove sono al 30%”, riferendosi ai tipi dello United Kingdom Independence Party di Nigel Farage, pronto a coronare una lunga rincorsa. Non sarebbe la prima volta per lo UKIP, che già nelle elezioni del 2004 e del 2009 era giunto a raccogliere il 16% dei consensi, mentre soltanto nel 2010 usciva con un debole 3% dalle urne per il rinnovo della House of Commons. Un’altalena di voti (da oltre 2.5000.000 a poco più di 900.000) che sta per registrare l’ennesima impennata. Farage riesce a convogliare su di sé il malumore dell’isola per gli apparati burocratici di Bruxelles, tanto che il sito ufficiale del movimento rilancia sin dalla testata la minaccia: il 75% delle leggi del regno sono emanazione della volontà dell’Unione europea – un dato di fatto per tutti i paesi che ne fanno parte.
Ci sono davvero tratti in comune tra lo UKIP e il M5s? In parte sì, anche se le radici di certe posizioni simili sono ben diverse. Il rifiuto dell’unione monetaria è in cima alla lista: è altrettanto vero che la Gran Bretagna non ha alcuna intenzione di abbandonare la sterlina – che è pure il simbolo del partito di Farage -, mentre i cinquestelle da una parte vogliono uscirne, dall’altra nel manifesto programmatico spingono per la creazione di eurobond. Ci sarebbe ancora dell’altro: lo UKIP è tra i promotori dell’opposizione all’HS2, il nuovo progetto di trasporto su rotaie ad alta velocità in cantiere Oltremanica, una sorta di NoTav britannica – e in Piemonte Grillo e Casaleggio possono contare su un esteso bacino di voti tra gli attivisti contrari alla tratta Torino-Lione. A porre su posizioni diametralmente opposte le due realtà sono le rispettive campagne elettorali: perché se da una parte il Movimento 5 stelle sta producendo uno sforzo enorme sui temi fiscali ed economici, oltre il 60% degli elettori britannici ha ammesso di non conoscere affatto non conoscere affatto il piano economico dello United Kingdom Independence Party che d’altra parte fa leva sulle politiche d’immigrazione. La chiave di lettura del successo di Farage passa da qui: successo che si traduce in ingombrante presenza per i Conservatori di David Cameron che hanno assistito immobili alla corsa di diversi loro membri e attiviste tra le fila dello UKIP.
Dallo scorso gennaio gli emigranti rumeni e bulgari possono liberamente attraccare sulle coste a sud dell’isola e alla vigilia del nuovo corso il timore di assistere ad un’invasione dall’est europeo ha tenuto banco sulla stampa popolare che ha riproposto le immagini provenienti da alcuni quartieri delle maggiori città del continente, in particolari tedesche, in balìa di comunità di zingari e rom, con condizioni igienico-sanitarie misere e ridotti in fatiscenza. Lo UKIP, per le sue posizioni fortemente anti-immigrazione (e anche l’immigrazione, per Farage, è il risultato dell’inevitabile processo di integrazione europea a cui è ormai sottoposto il Regno Unito), da diverse parti è stato accusato di esprimere idee pericolosamente razziste, solitamente riservate al British National Party che davvero si colloca tra i movimenti più razzisti del Vecchio Continente. E razzismo? Farage ha dovuto fare i conti con alcune uscite dei suoi candidati più in vista che non hanno saputo dosare le parole, ma ha trovato un altro punto su quale controbattere per aggirare le accuse: la sanità.
Il sistema sanitario inglese, grazie soprattutto alle riforme dei recenti governi laburisti, assicura piena assistenza agli stranieri al punto che sono stati denunciati diversi casi di turismo puramente sanitario verso l’isola: vado, mi faccio curare e torno. Il cortocircuito è venuto a galla con il piano di austerity varato all’indomani della crisi economica da George Osborne, il braccio destro di Cameron, che ha messo sotto la lente d’ingrandimento gli sprechi e i costi non più sostenibili del National Health Service. “Il solo turismo sanitario costa 2 miliardi di sterline”, si legge nel manifesto dello UKIP: il servizio pubblico è sotto attacco, è tempo di riconquistare il controllo dell’isola. Così gli spazi verdi, messi all’angolo dall’aumento prossimo della popolazione – causato dall’immigrazione di massa – e le scuole. Il Movimento 5 stelle, nel parlamento italiano, si è battuto per l’abolizione del reato di clandestinità e non ha espresso parere contrario durante il dibattito sull’attuazione dell’operazione Mare Nostrum.
“Fuori dall’Unione europea, potremo gestire i nostri confini e decidere chi vogliamo che venga a vivere e lavorare nel Regno Unito. Le regole europee ce lo impediscono”, si continua a leggere nel manifesto. Quindi le abitazioni pubbliche locali vanno alle famiglie del luogo e il servizio sanitario deve essere nazionale, non internazionale. In pochi conoscono poi quale progetto di sanità abbia in mente Farage, ma è un aspetto che non influisce sulla percezione dell’elettorato: l’ultimo rilevamento You Gov dà lo UKIP al 26%, di un punto dietro al Labour Party e con tre lunghezze di vantaggio sui Tories. Senza mandare nessuno a fanculo.