Five More Years

dave

I numeri veri, scheda per scheda, hanno assegnato ai Conservatori 331 seggi a Westminster: una maggioranza assoluta, per nulla preventivata dai sondaggi degli ultimi mesi e addirittura più larga dell’exit poll trasmesso giovedì sera, alle undici ore italiane, appena chiusi i seggi (la previsione, già stravolgente, si era fermata a 316). David Cameron è all’opera per formare un esecutivo esclusivamente conservatore: ha già confermato George Osborne all’Economia, Theresa May nel ruolo di Home Secretary e Philip Hammond al vertice degli Affari esteri. La pratica si rivelerà molto più sbrigativa del previsto.

Shy Tories: elettori conservatori timidi, che durante la campagna elettorale hanno preferito non esporsi per poi far valere tutto il proprio peso al momento opportuno. Possono essere una delle chiavi di lettura del risultato del 7 maggio, certo è che Cameron nelle ultime settimane si è soffermato su due aspetti. Il primo: il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea. È argomento tosto, una sfida che l’inquilino di Downing Street ha promesso verrà combattuta nel 2017 e in questo senso è un uomo di parola, visto il recente precedente con il referendum sull’indipendenza scozzese con il quale si giocava la carriera politica.

Il secondo: l’immigrazione. Per affrontarlo occorre andare oltre i pregiudizi, ma quelli che riguardano gli elettori. Lo UKIP – ormai non più di Nigel Farage – ha raccolto il 12% dei consensi a livello nazionale e dell’immigrazione ha fatto un big issue e questo perché sta a cuore dell’elettorato in generale: non è esclusiva di quello etichettato come più estremista, ma è un tema condiviso anche da chi si muove con la sua Ford Mondeo ( vecchia figura retorica della politica britannica per indicare la piccola-media borghesia che conduce una vita tranquilla con la macchina nuova e la casetta con giardino).

Cameron li ha messi sul piatto e prima o poi torneranno a tenere banco. Per arrivare a governare con i numeri che contano davvero occorre coraggio e non ci si può muovere in punta di piedi: si deve mettere mano a ciò che non funziona, sollevando pure un vespaio, ma tirando dritto, dai tagli agli sprechi alle questioni che provocano pruriti ai benpensanti e in certi ambienti sofisticati che rappresentano però la minoranza di una nazione, come ha dimostrato la capitolazione dei laburisti.

Buon lavoro, Prime Minister.

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