Fifteen weeks to go

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Quindici settimane all’alba e l’unica cosa certa è l’incertezza. Totale. Molto più dell’ultima volta, quando i conservatori di David Cameron “festeggiarono” una vittoria non trionfale ed entrarono a Downing Street con sottobraccio la faccia sveglia di Nick Clegg e dei suoi liberaldemocratici.

La geografia politica britannica è cambiata moltissimo in questi anni e si sta facendo via via più europea. Nelle elezioni del 2001, 2005 e 2010 i due partiti principali (Conservatori e Laburisti) e il terzo incomodo Lib-Dem si dividevano l’89% dei voti validi espressi nel regno. Oggi al bipolarismo con terzo incomodo si sono aggiunte le variabili Ukip e Green Party. Se il primo rappresenta un cedimento a destra della base elettorale conservatrice, il secondo dovrebbe tradizionalmente pescare nel bacino lib-lab. Oggi lo scenario è, da destra verso sinistra, così composto: Ukip al 15%, Conservatori 32%, Laburisti 33%, Libdem 8%, Green Party 7% (media Uk Polling Report).

Difficile immaginare, da qui a maggio, tsunami di consenso in grado di spostare così tanto da garantire a uno dei partiti in corsa una maggioranza assoluta in Parlamento. Gli assestamenti in corso dentro il modello Westminster lasciano intendere che Tony Blair e Gordon Brown potrebbero essere stati gli ultimi primi ministri albionici con una solida maggioranza parlamentare. Si votasse domani finirebbe con i Conservatori a 278 seggi, i Laburisti a 286, i Libdem a 28, lo Scottish National Party a 34 e l’Ukip con soli tre parlamentari. Un risultato quest’ultimo che testimonierebbe, meglio di qualsiasi analisi, come la candidatura di Farage e compagni rappresenti un elemento di solo disturbo “a destra”. Per dirla, efficacemente, con David Cameron “se voti Ukip vai a dormire con Farage e ti svegli con Miliband”.

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