Molto Nanny State e poca Britishness: lo stato dell’Unione secondo O’Neill Apr24

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Molto Nanny State e poca Britishness: lo stato dell’Unione secondo O’Neill

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Una guerra fra bande che vogliono tassare e intervenire nella vita privata: Brendan O’Neill riassume così lo scontro tra Conservatori e Laburisti in vista delle General Elections del prossimo maggio. O’Neill è l’editor di spiked!, magazine on line fondato nel 2000 dopo la chiusura della testata Living Marxism ed infatti lo stesso O’Neill si definisce un libertario marxista. “Sono di sinistra, ma per la libertà”, afferma intervistato da RN.

“Se andiamo a leggere i primi scritti sia di Marx che di Engels – prosegue -, si nota come si preoccupassero molto per la libertà individuale. Ma la sinistra britannica ha abbandonato le intenzioni migliori: agli inizi del XX secolo puntava alla crescita economica, si rivolgeva alla borghesia perché contribuisse a generare benessere e a diffonderlo ed erano le intenzioni di Marx. Ma tutte queste aspirazioni sono affondate: oggi è impossibile sfamare chi non ha cibo perché rispondono che non si può sfruttare la Madre Terra per esempio. Oggi la sinistra inglese vuole dirigere le vite degli individui e vuole che lo stato governi tutti, a partire dai più poveri, dando soldi, fornendo assistenza e garantendo le cure”.

Il Regno Unito è cambiato profondamente con il trascorrere delle epoche e a tormentare le notti del giornalista ci sono due incubi tra tutti: una coalizione tra Labour e Scottish National Party e la seria minaccia alla libertà di parola. I due finiscono per essere collegati tra loro.

“Un governo formato da Laburisti e SNP sarebbe un disastro. Entrambi sono illiberali. I primi vogliono invadere lo spazio individuale nell’intento di voler migliorare il comportamento dei singoli, ma così facendo sono diventati i fondatori del modern Nanny state. L’SNP è autoritario: ha vietato che negli stadi scozzesi i tifosi si esibissero in alcune espressioni considerate oltraggiose, ha aumentato il prezzo dell’alcol con la scusa di volerlo sottrarre ai più poveri, si sta impegnando per rendere obbligatorio il consumo di insalate nei ristoranti – continua O’Neill lasciandosi scappare una risata ironica -. Sono dei piccoli tiranni”.

Poi c’è il resto: “Non c’è più libertà di espressione in UK. Puoi essere arrestato per delle offese scritte su Twitter, nelle università sono banditi alcuni tabloid ed alcune canzoni per i loro testi. E’ in programma un piano per implementare il Royal Charter on self-regulation of the press (approvato nel 2013 sulla scia dello scandalo intercettazioni che ha coinvolto i media inglesi e in particolare la News Corp. di Rupert Murdoch, ndr), mettendo a rischio la libertà della stampa come non accadeva da oltre trecento anni. Si è diffusa la cultura del ‘you can’t say that, you might get into troubles’. Il problema è che meno libertà di parola hai, più la classe politica si rivela essere spazzatura”.

Il bilancio è piuttosto desolante. Citando i Waterboys, la vecchia Inghilterra sta morendo?
“Ci sono stati molti cambiamenti e non sono stati buoni. Se pensiamo al referendum dello scorso anno sull’indipendenza della Scozia, solo grazie al voto degli scozzesi non c’è stata la divisione, mentre il resto del paese è arrivato ad un passo dalla frammentazione sleepwalking”. E l’ipotesi di una scissione per O’Neill non è tramontata, specie con il rafforzarsi dello Scottish National Party. “Non viene più pubblicato News of the World, uno dei simboli della nostra tradizione – anche George Orwell vi aveva scritto. La gente non può festeggiare la Britishness per il pensiero che circola oggigiorno”.

E’ anche per questo che lo UKIP si è fatto largo?
“Può essere. E’ molto distante sia dai Conservatori che dai Laburisti. In Europa ci sono diverse forme di populismo a cui non piace Bruxelles: quello di sinistra con Syriza in Grecia o quello di destra francese. Lo UKIP si pone come un partito che offre qualcosa di cui essere orgogliosi, la propria nazione, e la gente ha cominciato a guardarsi attorno, a guardare oltre ai due maggiori partiti, mentre Nigel Farage è veniva additato a nemico pubblico numero uno dalla solita classe politica e giornalistica. Sarà interessante vedere cosa accadrà dopo le elezioni: se riuscirà a conquistare tre seggi, se Farage vincerà nel suo o meno, tenendo conto che nel partito hanno commesso molti errori di comunicazione nel presentare le proprie opinioni”.

Appunto: un’ora prima di questa intervista, ITV aveva trasmesso una chiacchierata con Farage, seduto al pub a bere una pinta, “perché è quello che fanno le persone che lavorano”.

La monarchia in tutto questo, che ruolo gioca?
“Io sono un repubblicano, ma non perché considero la regina un tiranno. Per me la monarchia è un problema: non trovo giusto che ogni settimana il Primo ministro si incontri con il sovrano e temo la pratica del Royal Prerogative, che consente ai politici di fare ciò che vogliono in nome del re o della regina, senza un passaggio democratico”.

Ma si può davvero abrogare la monarchia in UK?
“Sì”.

Arriviamo alle conclusioni. Un giudizio sincero e onesto su David Cameron.
“Oh… Quanto posso essere onesto?”, risponde O’Neill ridendo. “Non mi ha impressionato. Io ho cominciato a fare il giornalista ed essere politicamente attivo nel 1997: Tony Blair, il New Labour e tutto il resto. Quando Cameron ha vinto nel 2010 ho pensato fossimo di fronte a qualcosa di nuovo, di fresco, ma in realtà ha proseguito sulla falsa riga del New Labour, senza affrontare realmente il taglio alla spesa pubblica, senza rimpiazzare il Nanny state”.

E dunque chi vincerà il 7 maggio?
“E’ molto imprevedibile. Credo che Cameron otterrà la maggioranza dei consensi, ma dovrà chiedere aiuto ad un partito, magari di nuovo a Clegg. Ma soprattutto spero di non ritrovarmi con Labour e SNP”.

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