Un Superbowl come Italia-Germania 4-3

Inizio dalla fine. À rebours. Lunedì mattina, 6 febbraio ore 4.30, mi alzo dal divano lasciando il gelato e la pepsi zero a testimonianza della fame nervosa che mi ha accompagnato nelle precedenti quattro ore. Alzo le coperte preparandomi ad entrare nel caldo letto, bacio mia moglie già sognante e mi abbandono ad un ultimo pensiero: si, è il più grande di sempre.

I nonni, gli zii e i papà della generazione di chi scrive – giovanotto dell’85 – ad un certo punto – innegabile – hanno riservato qualche minuto del loro tempo a raccontare l’epicità di una sfida calcistica, la partido del siglo, titanica e iconica: Italia-Germania, Mexico’70. Noi, figli sognanti, abbiamo ascoltato. In silenzio messianico, invidiosi per quella possibilità che la vita gli ha dato. Per l’occasione di aver potuto ammirare la poesia scritta con le scivolate su di un manto verde.

Ieri questo gap, questo vuoto cosmico esistenziale ha – sostanzialmente -trovato materiale per essere colmato.

Il football americano, ancora troppo sconosciuto dalle nostre parti, ieri sera ha scritto una delle migliori pagine di sport di sempre. Una remuntada con i fiocchi, da accompagnare con una colonna sonora baldanzosa, orchestrale. Da Oscar.

Parlare di tattica, proporre una cronaca pare superfluo. Ricordare gli sfidanti è necessario, solo, per consegnarli alla storia. Che il loro nome possa essere iscritto per sempre nel firmamento della palla ovale. Dello sport in generale.

Atlanta Falcons- New England Patriots. L’MVP di una stagione, Matt Ryan, contro l’MVP di una vita: GOAT, greatest of all times, Tom Brady. E questa può essere una chiave di lettura: i bravi dominano per un certo periodo, gli eccelsi restano tali per sempre. Che sia una vita come quattro quarti da 15 minuti.

Ci sono voluti 50 SB per giungere al migliore. All’apoteosi. È stato ben più di un semplice match: è stato il biglietto da visita dello sport USA. Quello da mostrare nelle scuole, nelle ore di educazione fisica. Di storia. Di sociologia e di psicologia. Degli occhi di Brady già troppo è stato scritto, della sua vita a stelle – chi gli sta accanto – e strisce – quelle delle yards – si sa anche troppo.

Nessun autore avrebbe potuto scrivere nulla di più epico. Nessuna analisi sarebbe esaustiva a spiegare ciò che scatta nella testa del vincente se non partisse dal soggetto più competitivo presente nello sport mondiale. È il più grande di sempre. Un altro bacio a mia moglie, un ultimo sorriso pensando a Tom Brady. Lo stesso con cui, al fumble di Ryan, il nostro eroe ha pensato: questa la portiamo a casa.

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