L’ora più buia Ott01

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L’ora più buia

Non avevo francamente mai visto una cosa del genere. Un presidente in carica che si comporta come il peggior bullo di periferia e un avversario che non è in grado di andare oltre qualche timido balbettìo, sia in risposta al bulletto di cui sopra che relativamente al suo rapporto con la violenza di sinistra. Del rapporto del bulletto con la violenza di destra, per carità di patria, non parliamo nemmeno.

Un dibattito sconvolgente, il punto nettamente più basso della politica americana. Non è facile identificare il momento esatto in cui tutto questo è iniziato, ma è – e dovrà esserlo ancora di più dal 4 novembre – facile e giusto ricordarsi con precisione di quelli che si sono voltati dall’altra parte. Repubblicani e Democratici, insieme, condividono la responsabilità di aver permesso che un simile spettacolo potesse andare in onda, in prime time, in uno dei momenti più sacri della politica statunitense.
Chi ha vinto? E’ l’unica cosa che conta, come diceva il leggendario Vince Lombardi poi citato da Giampiero Boniperti, e anche qui dare una risposta è estremamente complesso. Vincere un dibattito non è, per forza di cose, avere ragione rispetto ad un argomento o ad un’affermazione. A maggior ragione qui, che di ragione ce n’è pochissima. Vincere un dibattito è portare a casa il miglior risultato per la propria campagna elettorale. Su queste basi è stato un pareggio fuori casa per Biden.

Il candidato dem è apparso incerto ma non fino al punto da confermare l’epiteto di Sleepy Joe. Ha tutto sommato limitato i danni da insulti del suo rivale, partendo dal presupposto che nella contesa elettorale dovrebbe essere comunque in vantaggio. Trump, da parte sua, ha fatto quello che sa fare. Niente, sul piano politico e di governo. Tutto, sul piano della retorica negativa e del tentativo di buttarla in caciara. I suoi supporter più radicali saranno certamente in estasi davanti all’ennesima prova di maleducazione di quello che siede nel posto dell’ex leader del mondo libero ed è un fattore da non sottovalutare. In tempo di Covid e di affluenza imprevedibile, infatti, mobilitare la propria base è certamente decisivo.

Per il resto: more of the same. I miei amici trumpiani devono chiedersi se è questo quello che vogliono e quello da cui vogliono essere rappresentati. I miei amici democratici devono porsi un quesito esistenziale: davanti a quella che ritengono essere l’emergenza democratica e politica del secolo, una battaglia per l’anima degli Stati Uniti, tutto quello che hanno saputo opporre è un grigio senatore che frequenta i palazzi del potere da più di 40 anni? Vale anche per i miei fratelli repubblicani Never Trump: tutto qui quello che abbiamo saputo produrre? Una specie di adesione a un progetto politico molto lontano, non solo dai nostri valori, ma anche da un’ipotesi di progressismo centrista. Troppo brutto per essere vero.

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