Niente di nuovo sul fronte occidentale Ott01

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Niente di nuovo sul fronte occidentale

“In a week, the only thing the general public will remember about the debate is that Trump dominated Biden in a bullshit contest”. Il commento più sensato al primo dibattito tv tra Trump e Biden è probabilmente quello affidato a un tweet da Scott Adams, il geniale creatore di Dilbert che – nel 2016 – fu uno dei primi a comprendere il potenziale elettorale dell’attuale inquilino della Casa Bianca. Gli instant poll e i sondaggi dei mainstream media, naturalmente, hanno decretato Biden come l’indiscusso vincitore della sfida. Ne dubitavate? E il “consenso generale” è che il tono del dibattito sia stato una “disgrazia nazionale”. La pensa così anche Simone, su The Right Nation, che scrive di “un presidente in carica che si comporta come il peggior bullo di periferia e un avversario che non è in grado di andare oltre qualche timido balbettìo”. Bisogna fare qualche distinguo, però. Che l’atteggiamento di Trump sia sgradevole e arrogante è un dato di fatto. Ma non serviva certo il dibattito di martedì a ricordarcelo. E non credo che la sua performance abbia spostato di un millimetro l’idea che ha di lui l’elettorato statunitense, ormai da anni. Chi lo odia continuerà ad odiarlo, chi lo ama continuerà ad amarlo, chi lo sopporta (come il sottoscritto) continuerà a sopportarlo.

La vere “novità” (tra mille virgolette) emerse dal dibattito di Cleveland, sono invece almeno due. La prima è che le “teorie cospiratorie” sullo stato di salute mentale di Biden sono più vicine alla realtà di quanto i media hanno provato a farci credere. Più che offrirci “qualche timido balbettìo”, l’ex vicepresidente di Obama ha sfoderato una prestazione ai confini del Parkinson, incespicando continuamente con le parole più lunghe di due sillabe e dimostrando una preoccupante tendenza a confondersi sugli ordini di grandezza delle cifre (centinaia, migliaia, milioni di triliardi). Dopo i mesi trascorsi a nascondersi in un bunker, era lecito aspettarsi qualcosa di meglio. Se questa è la migliore alternativa dei Democratici al “peggiore presidente della storia”, siamo messi davvero male.

Il secondo “segreto di Pulcinella” è lo stato di salute dei media americani, perfettamente rappresentato dalla disastrosa performance del moderatore Chris Wallace. A dispetto della sua appartenza a Fox News, Wallace è un never-trumper dichiarato iscritto come “democrat” nelle liste elettorali. Sia chiaro, a me come conduttore televisivo non dispiace affatto, ma martedì ha dato il peggio di se stesso. A parte l’incapacità di incanalare il dibattito entro i confini dell’intelligibilità, il buon Chris è sembrato costantemente e disperatamente tentare di salvare Biden dalle interruzioni di Trump (senza fare lo stesso quando la dinamica era opposta). E la scelta delle domande rivolte ai suoi due interlocutori è stata, a tratti, imbarazzante. È soprattutto per questo motivo che non mi sento di sottoscrivere il verdetto di Simone sul “pareggio fuori casa di Biden”. Sul “pareggio” posso anche essere d’accordo, ma a giocare fuori casa era Trump.

Tutto questo, comunque, potrebbe avere un senso assai limitato. Raramente i dibattiti spostano qualcosa di significativo. E anche quello di Cleveland potrebbe essere destinato a fare la stessa fine. Per chi scrive, poi, sta rapidamente perdendo di significato la stessa sfida elettorale del 3 novembre. Se veramente il Partito repubblicano riuscisse a completare in tempi rapidi la procedura per l’insediamento di Amy Coney Barrett alla Corte Suprema, quel martedì notte io mi piazzerò davanti alla televisione, con una tonnellata di popcorn, a godermi lo spettacolo senza un briciolo d’ansia. Considerando la presidenza Trump, qualunque cosa accada, come la cosa migliore accaduta agli Stati Uniti dai tempi di Ronnie.

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