Perde il New Deal Socialista
Le elezioni politiche spagnole hanno visto la vittoria del Partito Popolare di Mariano Rajoy con il 44% dei votanti (+4,68% rispetto al 2008), aggiudicandosi 186 seggi su 350 (maggioranza assoluta) alla camera, e la sconfitta umiliante per sua portata storica (il peggior risultato elettorale di sempre dalla fine del franchismo) con il 28,73% (-15,14%) con solo 110 seggi del PSOE guidato da Alfredo Rubalcaba erede del premier uscente Zapatero.
Ancora più cocenti i dati del senato per i Socialisti, dove il PP ottiene 136 seggi (11 in più della maggioranza necessaria) contro i 48 del PSOE.
La proposta dei Socialisti in “stile obamiano” avanzata durante la campagna elettorale da Rubalcaba, di un ‘New Deal’ spagnolo quale ricetta per la crisi economica e finanziaria in corso viene sonoramente bocciata dagli elettori, preferendo il piano di rigore e di contenimento della spesa pubblica proposto e promesso dai Popolari.
Tale dato significativo dimostra la sfiducia dei cittadini verso le proposte economiche del maggior partito della sinistra spagnola, diventando un campanello d’allarme in vista delle future consultazioni politiche dell’anno prossimo anche per le altre sinistre in giro per il mondo, primi fra tutti i Democratici statunitensi.
Anche l’affluenza al voto del 71,69% (-2,16% circa rispetto a tre anni fa) ha tradito i Socialisti.
Gli astenuti sono stati il 28.31% (+2,16%), le schede nulle l’1,29% e le schede bianche il 1,37%.
A fronte del crollo del PSOE in piena crisi di credibilità e di nervi anche al suo interno, i maggiori beneficiari sono stati i partiti di estrema sinistra collettivisti ed anticapitalisti vecchi e nuovi.
Il fenomeno degli indignados è sfociato nell’astensione e nel voto verso le formazioni minori, al fine di punire i Socialisti, rei a loro dire, di non aver ascoltato ed eseguito le loro rivendicazioni durante i tre anni precedenti di governo.
Tale voto di protesta ha fatto pendere la loro preferenza verso la Sinistra Unita (IU) la quale raddoppia il proprio elettorato (+3,15% di incremento rispetto al 2008), arrivando al 6,92%, passando da 2 a 11 seggi, verso i Socialdemocratici (UPyD) con 5 seggi al 4,69% (+3,5% di incremento rispetto al 2008) e verso nuove formazioni minori (ad esempio i 215000 voti, pari allo 0,88% di Equo), lo 0,10% degli Anticapitalisti e lo 0,10% dei Pirati, con 25000 voti a testa, i quali però non entrano in parlamento), saccheggiando l’elettorato socialista.
La Spagna, a parte i due principali contendenti, si conferma terra a forte elettorato localista e territoriale, avanzano le rivendicazioni autonomiste ed indipendentiste specie in relazione alla sicura vittoria dei Popolari (storicamente per l’unità territoriale ed avversi ad ogni ipotesi di decentramento).
Anche tali movimenti autonomisti sottraggono il voto indipendente al PSOE, indicativo ad esempio il caso della Catalogna, dove la Convergencia y Uniò (16 seggi) sopravanza il Partito Socialista della Catalogna (14 seggi) nelle preferenze.
Tre piccole formazioni autonomiste sono riuscite a strappare il biglietto per le Cortes: la coalizione valenciana Compromìs, il Forum asturiano e Geroa Bai in Navarra.
Queste assieme ai 19 rappresentanti catalani (3 seggi ad ERC e ai 16 degli autonomisti catalani di CiU), ai 12 baschi (dove AMAIUR, formazione radical-indipendentista supera 7a 5 il Partido Nacional Vasco, facendo il pieno di voti anche nel centro storico di San Sebastian, nelle prime elezioni successive alla proclamazione di termine della lotta armata terroristica da parte dell’ETA), ai 2 seggi ai galiziani del Bloque Nacional Gallego e ai 2 rappresentanti delle Canarie (per Coaliciòn Canaria), saranno una variabile importante all’interno del quadro delle politiche nazionali, dato che faranno pesare i loro numeri negli accordi con il governo.
Pur non essendo decisivi nel breve periodo per le sorti del governo popolare uscente dalle urne, essi restano una spia accesa verso i futuri assetti della Spagna in caso di fallimento del risanamento proposto dai Popolari.
Il vincitore, Mariano Rajoy, in campagna elettorale aveva proposto come programma di governo la diminuzione della pressione fiscale e la realizzazione di meno debito pubblico, promettendo 3000 euro di sgravi fiscali per ogni posto di lavoro creato dalle aziende, e l’abbassamento delle tasse alle piccole e medie imprese con una flat tax al 20%, operando al contempo tagli in ogni settore eccetto che nelle pensioni, proponendosi di ridurre il deficit al 4,4% nel 2012 dal 9,3 del 2010.
A seguito della proclamata vittoria ha dichiarato che la sua prima preoccupazione è la disoccupazione (circa 21,5%, la più alta in Europa) e la riconquista del rispetto dell’Unione Europea, resta da vedere se la maggioranza popolare riuscirà a rassicurare anche i mercati.