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Paradiso fiscale
Ad ammazzare il popolo e l’economia di tasse qualsiasi tiranno e predone è buono, non ci volevano tanti professoroni e manager. Ciò che è impopolare lo è perché è contro il popolo, e una tassazione impopolare che manderebbe l’economia in una recessione irreversibile è esattamente l’opposto di ciò di cui ha bisogno il nostro paese. Occorrono idee nuove che propongano uno sviluppo intelligente, basato su ciò che l’Italia già ha di competitivo, senza guardare in faccia a nessuno, tanto meno all’euro e all’Europa o ai padroni nostrani succhiasoldipubblici; anzi, proprio questi ultimi sono stati e sono tuttora i principali beneficiari della spesa pubblica grandemente finanziata con quel debito statale che ora vogliono far ripagare a noi contribuenti.
All’Italia non servono industrie inquinanti, manodopera importata e inutili burocrati, ma l’Italia ha, quasi unica al mondo, i requisiti di storia, arte, clima, gastronomia, bellezze ambientali, per divenire la residenza stabile e/o la meta turistica dei ricchi del mondo, e ciò può portarci ben più ricchezza di qualsiasi altra tipologia di sviluppo economico. Potremmo divenire la Florida dell’Unione Europea e del mondo, potremmo vivere in un paradiso per benestanti, invece una classe dominante di infima qualità ci fa vivere, inquieti e senza futuro, preoccupati e tartassati, in un inferno di vessazioni fiscali e burocratiche, di debito pubblico, di criminalità, spaccio, prostituzione, di inquinamento e di rumori, di burocrati buoni a nulla, anzi buoni solo a predare tasse.
Il ritorno all’economia reale, alla produzione industriale, con la connessa pretestuosa colpevolizzazione del mondo finanziario per la (finta) crisi attuale, così tanto subdolamente propagandate, è un ritorno a forme di vita e di lavoro schiavizzanti il popolo. In un settore, quello manifatturiero, nel quale, oltretutto e prima di tutto, non possiamo competere col basso costo del lavoro di Cina e paesi emergenti, salvo cambiamenti non auspicabili o controproducenti quali dazi doganali o riduzione dei salari italiani. Manca totalmente l’attenzione all’economia del retirement, sviluppatissima nei paesi anglosassoni e nel Nord Europa, per cui la coppia anziana benestante trasferisce la sua residenza nel paese che ha le condizioni fiscali e climatiche migliori.
Manca la cultura economica dell’international tax planning, la pianificazione fiscale internazionale, per la quale famiglie giovani benestanti programmano la loro futura residenza nel paese che ha il mix migliore di bassa tassazione, terziario avanzato e vivibilità. Per l’economia, per la ricchezza del nostro paese, è evidentemente preferibile avere investitori finanziari, italiani e stranieri, che risiedano o vengano a risiedere qui in Italia, che facciano profitti, magari investendo e guadagnando anche in borse estere e spendendo tali guadagni in Italia, senza chiedere nulla allo stato, invece che industriali falliti e burocrati desiderosi solo di vivere sussidiati alle spalle dei contribuenti. Per gli Italiani stessi è meglio essere risparmiatori, azionisti o creditori di imprese dislocate all’estero, che operai della Fiat.
Così agli Italiani vanno gli utili, la ricchezza, e all’estero va il lavoro più usurante, l’inquinamento, l’inevitabile sfruttamento dei lavoratori. Allora dobbiamo difendere il patrimonio turistico, storico e culturale, la qualità della vita, e soprattutto attirare i ricchi di tutto il mondo, detassando tutti i redditi tipici dei ricchi, primi fra tutti quelli finanziari. Storicamente siamo stati noi Italiani a inventare le banche, basti ricordare i Medici, i Bardi, i Peruzzi, i “Lombard”. E proprio in Italia abbiamo la base tecnico – professionale per divenire il paradiso fiscale del mondo, il posto migliore dove un ricco sognerebbe di vivere, portando lavoro, benessere e ricchezza al paese che lo ospita. Perché, e pochi sembrano rendersene conto, oltre al patrimonio turistico e culturale, proprio qui in Italia già abbiamo intermediari finanziari, banche, SIM (società di intermediazione mobiliare, gli agenti di borsa) tra i più grandi, i più efficienti e i migliori d’Europa e del mondo.
Questo patrimonio di lavoro, professionalità e produttività nel settore finanziario si era sviluppato in Italia nei decenni scorsi, grazie alla sopportabile tassazione dei rendimenti del risparmio, situazione favorevole questa ora drasticamente deteriorata grazie alle manovre di Tremonti dell’estate 2011, le quali hanno tartassato il risparmio popolare raddoppiando l’imposta sostitutiva su di esso e introducendo il superbollo sui depositi titoli. Patrimonio professionale e lavorativo che verrà definitivamente ucciso e sepolto da provvedimenti tirannici e demenziali quali prelievi forzosi sui conti correnti o imposte patrimoniali. Patrimonio di lavoro, professionalità e competenze nel settore finanziario che potrebbe invece essere proficuamente messo a disposizione dei ricchi che vogliono venire a vivere in Italia e costituire per loro un’ulteriore apprezzatissima e decisiva attrattiva.
Forse si dimentica che l’economia reale, in Italia e probabilmente anche in quest’ Unione Europea che ci somiglia sempre più, è l’economia della grande industria sussidiata e assistita succhiasoldipubblici, soldi di noi contribuenti che ripianiamo i bilanci in rosso delle imprese “produttrici” di debiti, delle imprese dei prestanome di poteri occulti, della mafia, delle mazzette, degli assessori e sottosegretari, degli appalti truccati, di tangentopoli, l’economia dello sradicamento di individui e famiglie dalle campagne e dai piccoli paesi, dalle loro comunità, dai rapporti parentali, dalle loro piccole proprietà, per ridurli a dipendenti – schiavi urbanizzati, senza identità e senza potere. Uno sviluppo basato sulla residenzialità per benestanti e sulla connessa produzione di ricchezza finanziaria, nonché sul turismo, ha i suoi vantaggi: niente inquinamento, niente morti bianche, un mondo di terziario ricco e civile, e benessere per tutti, senza sacrifici stakanovisti e oppressioni stataliste (Svizzera docet).
Il paradiso fiscale è infatti l’opposto del mondo – incubo orwelliano, fatto di stato, di controlli e di tasse, modello verso il quale la prigione fiscale Europa, per prima, si sta a grandi passi avviando, contro la volontà dei popoli che la compongono. Tutti ormai hanno capito che ciò che ci è stato spacciato come “progresso” è in realtà un regresso di civiltà e una privazione di libertà. La predazione di redditi e ricchezze tramite tasse, inflazione e debito pubblico, perpetrata da poteri mondialisti più o meno occulti ai danni dei sans pouvoir, è la prima concretizzazione di un nuovo ordine mondiale orwelliano. Nell’ultimo secolo di “riformismo”, la pressione fiscale non ha fatto altro che salire, depredando i cittadini, i lavoratori, le famiglie, squilibrando il mercato, distorcendo la libera concorrenza, foraggiando apparati pubblici clientelari, parassiti e vessatori.
Oggi, se vogliamo rimanere un paese libero, democratico e produttivo, dobbiamo assolutamente invertire tale tendenza, seguendo fedelmente un unico semplice principio: nessuna nuova tassa deve essere creata, nessuna tassa esistente deve essere aumentata, tutte le tasse esistenti devono essere diminuite e/o abolite. Siamo tutti stufi dei ladri che vengono a metterci le mani nelle nostre tasche per derubarci di ciò che è nostro. Per la crescita della ricchezza di ciascun Italiano e dell’Italia tutta non è necessario che “qualcun altro” paghi più tasse. Occorrono soluzioni tanto intelligenti quanto ovvie e praticabili, come questa da me proposta, e meno spesa pubblica, meno sprechi, e non più tasse a questo o a quello.