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Se Adinolfi lascia
Con una lettera indirizzata al segretario Bersani, Mario Adinolfi lascia ufficialmente il Pd, riconsegnando di fatto la sua tessera con una comunicazione online, pubblicata sul suo blog.
Parole tanto dure quanto realistiche quelle del famoso blogger, che parla infatti di un Pd sempre più a sinistra, sempre più conservatore, ma in termine dispregiativo. Conservatore infatti nel non abbandonare le alleanze con Vendola e Di Pietro, nel seguire costantemente la Cgil anche nelle sue azioni più estremiste e nel mantenere la stessa classe dirigente che c’era nel Pds, nei Ds, nella Margherita. Nessun ricambio generazionale, questo denuncia Adinolfi, nessuna svolta, come invece aveva promesso Walter Veltroni nel 2007 con il coraggioso progetto che univa varie culture politiche di sinistra e non solo. Adinolfi sognava un grande partito riformista a vocazione maggioritaria, ma questo non c’è mai stato e troppo spesso la linea guida del Pd è stata dettata non da moderne idee socialdemocratiche, di cui questo paese comunque avrebbe bisogno (non dimentichiamoci che l’alternanza è un fattore importante per qualunque paese e anche all’opposizione potrebbe fare proposte concrete, finalmente), ma dalle vecchie idee e dai soliti noti di una sinistra sempre più chiusa.
Il Pd di Franceschini prima e di Bersani poi ha chiaramente scelto la direzione del vecchio ulivo, l’unione che aveva fallito e questo ad Adinolfi (e non solo) non è assolutamente piaciuto. Salva solo Matteo Renzi, il giovane rottamatore e sindaco di Firenze che ha più volte mostrato l’intenzione di cambiare volto ad una sinistra arrugginita.
I moderati che nel 2007 hanno creduto nel Pd si sono dovuti ricredere quasi tutti, specialmente i cattolici. C’è chi come Fioroni e gli ex popolari che resiste nel partito, ma con molto disagio, e chi come Rutelli e Adinolfi che lasciano, tra l’altro il primo con libro dal titolo “Lettera ad un partito mai nato” e il secondo con dure parole come “il Pd non rappresenta una speranza per il paese”, come può pensare quindi un partito simile ad un’alleanza con il centro? Come può immaginare che i moderati vogliano candidarsi insieme al Pd, quando i cattolici ex Dc e Ppi già presenti fanno la gara per scappare?
Non ci voleva certo l’addio di Mario Adinolfi, un personaggio nemmeno di primissimo ruolo, per far capire agli italiani che la volontà del Pd sia ben diversa dalla rotta tracciata alla sua fondazione nel 2007, sia ben diversa dal progetto originale di Veltroni che, ripeto, pur non condividendolo, ritengo coraggioso. Una delle ultime volte che Bersani&co ce lo hanno dimostrato, in maniera davvero evidente, è stata ai referendum di Giugno, strumentalizzando quesiti di rilevante importanza come la liberalizzazione dei servizi idrici, e non la privatizzazione dell’acqua, come opponendosi fermamente al nucleare, senza però dare un’alternativa energetica concreta e come rifiutandosi di capire che con quel legittimo impedimento proposto da Alfano l’ultima parola spettava comunque al magistrato e non al Parlamento.
C’è chi dice che le elezioni siano più vicine del previsto, che Berlusconi abbia le ore contate e che se ne sarebbe dovuto andare via già da tempo. Probabile. Probabile che andremo al voto anticipato e sicuramente questo governo, anche a causa della gigantesca crisi economica che ha travolto l’Europa, non ha mantenuto gran parte delle promesse presenti in un programma liberale che ci aveva proposto nel 2008 e con cui ha trionfato anche nel 2001 e nel 94′, ma queste persone che criticano, criticano e criticano dovrebbero capire che il motivo del fallimento (perché per ora è stato un fallimento) del Pd è dovuto all’assoluta mancanza di un’alternativa seria e di una linea più moderata, senza più Vendola, senza più Di Pietro, senza più Diliberto.