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Politica al lavoro
Le cronache che ci giungono dalla Gran Bretagna dimostrano che la politica è più che mai viva, per lo meno in quella parte d’Europa. Perché se in Italia siamo alle prese con un crisi che di politica ha ben poco – è solo una resa dei conti tra due leader che hanno tentato di vivere forzatamente sotto lo stesso tetto -, a Londra qualcosa si sta muovendo.
Con gli scontri tra polizia e studenti che hanno coinvolto anche l’automobile a bordo della quale c’era il principe Carlo, i liberaldemocratici sono dovuti venire a patti con la realtà. Durante la scorsa campagna elettorale, fu infatti Nick Clegg a dichiarare che il suo partito non avrebbe assolutamente ritoccato le rette universitarie: ieri, invece, ha definito “sognatori” i manifestati che hanno invaso strade e piazze attorno alla House of Parliament per mostrare tutta loro rabbia sulle “tuition fees”, la big issue fresca di approvazione alla maggioranza di governo. Non bisogna infatti dimenticare che Clegg deve il (magro) successo alle General Election ai favori raccolti dal suo partito nelle fasce d’età più giovani dell’elettorato, specie tra gli universitari.
C’è poi dell’altro che apparentemente fa da sfondo, ma che in realtà è la cornice del quadro attuale. Risuonano ancora negli ambienti conservatori le parole dell’ex Primo ministro John Major che qualche settimana fa si augurò di vedere all’opera per lungo tempo la coalizione Tories – Libdem. Sono però in tanti a pensarla in modo diverso, tanto che sul blog di riferimento dei conservatori britannici ( http://conservativehome.blogs.com/thetorydiary/2010/12/what-is-mainstream-conservatism.html) sono al lavoro per mettere nero su bianco un manifesto politico, quello del Mainstream Conservatism, dove far trovare alloggio alla social justice di Iain Duncan Smith, al civil libertarianism di David Davis, all’internationalism di Andrew Mitchell. Il punto centrale è quello della crescita economica perché se questa sarà garantita, allora i conservatori potranno vincere nuovamente le elezioni. Una spicciola esemplificazione del concetto per cui quando i cittadini si recano alle urne, guardano alla salute delle loro tasche.
A concludere il tutto, il colpo di spada nei riguardi degli alleati che i Tories più puri proprio non sopportano. Il Mainstream Conservatism è il Popular Conservatism, vale a dire l’opposizione ad un superstato europeo, una tassazione più bassa e il conseguente trattamento corretto nei riguardi dei contribuenti, un contrasto duro al crimine. Temi sui quali cerca di far presa la destra britannica dello United Kingdom Independent Party e del British National Party. Sono cause queste “sostenute dalla maggioranza del popolo, ma non dalla maggioranza di sinistra del Liberal Democrat party”.
La politica, Oltremanica, è ancora sveglia. Tanto che i conservatori al governo non temono di ricordare al premier David Cameron che un progetto di Big Society esiste già (il civil libertanism sopra citato di Davis) o di rammentargli che la coalizione ha al suo interno due anime troppo diverse su alcuni punti chiave dell’agenda. Tutto questo senza cadere nel teatrino del gioco delle parti e delle ripicche personali, perché dopo tutto c’è un Paese da rimettere in sesto.