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Elogio di Rafa
Per me rimarrà sempre quello che uscendo dal campo dopo un primo tempo finito 0-3 ha trovato la forza di dire ai suoi ragazzi che per portare addosso quella maglia occorreva essere speciali. Nello spogliatoio accanto, Kakà e compagni festeggiavano una vittoria già scritta. Il rientro in campo è tutto in quel dialogo Rafa-Steven Gerrard che riscriverà la storia del calcio e delle rimonte impossibili. Prima il capitano, poi Smicer, infine Xabi Alonso. Tre gol in sei minuti che certificarono l’ostinazione, la caparbietà, il coraggio di quel gruppo. C’era Rafa a guidarli, a modo suo. Con pacatezza, modi gentili, toni garbati. E’ diverso da quell’altro che insultava il mondo intero. Lui va in tv anche quando perde, non si arrabbia con Pistocchi, non se la prende con i giornalisti che lo rimproverano. Accetta critiche e risponde con un understatement degno del signore che è. In un mondo di Special One, essere persone perbene è l’unico atto davvero rivoluzionario e anti-sistema. Oggi in Italia lo vorrebbero mandare a casa perché è poco italiano. Non piange mai, non si lamenta, non grida ai complotti e tratta tutti con rispetto. In un calcio malato di protagonismo e pieno di pessimi esempi per i tanti ragazzi che seguono questo sport, Rafa dovrebbe rappresentare un modello da seguire. Essere così, qui da noi, non paga. E lui lo sa. Magari lo manderanno via, magari no. Lui si chiuderà in uno spogliatoio, sentirà il resto del mondo gridare, e ricomincerà da capo. Rimontando.